Meloni mediatrice con la Ue per sbloccare 900 milioni

La premier torna in Tunisia con Von der Leyen e Rutte. In cambio da Saied garanzie sulle riforme

Meloni mediatrice con la Ue per sbloccare 900 milioni
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Tornare, concretizzare e capitalizzare. Sono gli obbiettivi della seconda trasferta tunisina di Giorgia Meloni in soli cinque giorni. La trasferta di stamattina la vede in compagnia della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e del premier olandese Mark Rutte. Proprio questa partecipazione europea caratterizza il suo ritorno. Martedì la Meloni si era congedata dal presidente tunisino Kais Saied e dalla premier Najla Bouden con una precisa promessa. «Siamo pronti - aveva detto - a fare di più per le coste tunisine, anche con l'Unione europea». Ed eccola qui l’Unione in doppia veste.
Quella della von der Leyen come garante di un possibile accordo con l’Ue che garantirebbe 900 milioni di euro di aiuti ad una Tunisia sull’orlo del fallimento. La partecipazione del premier Mark Rutte, accusato in Olanda di non fare abbastanza per fermare gli arrivi di migranti dall’Africa, è fondamentale, invece, per far capire all’Unione le conseguenze di un collasso economico ed istituzionale della Tunisia. Un collasso che renderebbe incontrollabili le partenze e spingerebbe centinaia di migliaia di migranti verso l’Italia e l’Europa. In tutto questo Giorgia Meloni, fedele al suo piano Mattei per l’Africa, è ben felice di giocare il ruolo di mediatrice nel nome dell’interesse nazionale. Garantire la tenuta delle istituzioni tunisine, nonostante le accuse di autoritarismo rivolte a Kais Saied, è cruciale non solo per prevenire le partenze - 26mila dei 50mila migranti arrivati in Italia da inizio anno erano salpati dalla Tunisia - ma anche per difendere le nostre priorità energetiche. Le condutture in cui passa il gas dell’Algeria, nostro primo fornitore dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, transitano per 400 chilometri dalla Tunisia prima di approdare in Sicilia.
Proprio per questo l’Italia non può permettere una caduta di Saied seguita da un caos di stampo libico o siriano. Due ipotesi non proprio remote vista la presenza nel paese di forze islamiste e jihadiste legate a quelle del resto del Sahel. Proprio per questo Giorgia Meloni vuole concretizzare le promesse dello scorso martedì. I 900 milioni di euro dell’Unione non rappresenterebbero, da soli, una soluzione definitiva, ma consentirebbero a Saied di guadagnar tempo. Nel frattempo il nostro ministro degli esteri Antonio Tajani tenterà di trattare lo sblocco del piano di aiuti da un miliardo e 900 milioni di dollari messo sul piatto dal Fondo Monetario Internazionale. La missione di Tajani, al via dalla prossima settimana, non è semplice.
L’Fmi pretende dal presidente Saied un piano di riforme politiche ed economiche che rischia di trasformarsi in un suicidio politico. Cancellare i sussidi economici, avviare riforme economiche improntate al libero mercato e dare più spazio politico alle opposizioni equivarrebbe a dar mano libera a quei movimenti islamisti pronti a vendicare Rached Ghannouchi, il leader storico della Fratellanza Musulmana tunisina fatto arrestare da Saied. Per questo la Meloni deve strappare a Saied un po’ di flessibilità sulle riforme garantendone però la sopravvivenza politica. Ma deve anche garantire all’Italia e all’Europa una valida contropartita. Per capire quale possa essere basta sfogliare la bozza del «Patto su asilo e migrazioni» messa nero su bianco giovedì scorso dai ministri dell’Interno della Ue riuniti nel Lussemburgo. La voce «paese terzi sicuri» di quella bozza consente alle nazioni Ue di stringere intese con i paesi da cui partono i barconi dei migranti per ottenere che si riprendano immediatamente tutti coloro privi dei requisiti per l’asilo.

L’unica condizione per la validità della nuova norma è il rispetto, nei cosiddetti paesi «terzi», dei diritti civili e dell’incolumità fisica dei migranti.
Una condizione che sembra fatta apposta per l’Italia e la Tunisia. Una condizione che potrebbe diventare realtà se il governo Meloni riuscirà a sbloccare i fondi dell’Fmi negati alla Tunisia di Saied.

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