A scrivere su pessimi uomini di successo di solito sono sempre giornaliste peggiori di loro. O almeno: è quello che abbiamo pensato ieri leggendo quel manifesto illiberale della disperazione per la vittoria di Donald Trump che è l'articolo su Repubblica di Natalia Aspesi. Titolo del pezzo: «Quelle donne che non votano una donna». Svolgimento: è incredibile che le donne abbiano votato contro una donna che poteva diventare la prima donna-presidente degli Stati Uniti. Tutta colpa delle donne! Che così facendo possono fare arretrare i diritti delle donne...
Conclusione: le donne devono votare una donna. E tutto ciò detto da una donna, la Aspesi, della quale però - ai tempi - ci siamo persi l'articolo che scrisse per stigmatizzare le donne che non avevano votato la Meloni, che è una donna.
Personalmente l'idea che una donna debba votare un'altra donna solo perché è donna, non ci sfiora nemmeno. O per lo meno: ci sembra una visione un po' da donne. Noi, semmai, pensiamo che una donna possa decidere di votare chi vuole, indipendentemente dal fatto che sia donna.
Purtroppo per certe donne, però, non tutte le donne sono uguali. Se sono di sinistra, sono sempre un po' più donne.
Se sono di destra, sono sempre un po' meno donne. Capita quando si scrive, e si pretende che si voti, non in base alla realtà ma all'ideologia.Che poi è il motivo per cui negli Stati Uniti ha vinto un uomo e ha perso una donna.
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