"Abbiamo 11mila posti". Arcuri sbaglia i conti e scatena gli anestesisti

Il commissario: "Le rianimazioni non sono sotto pressione". Ira e smentite: venga a vedere

"Abbiamo 11mila posti". Arcuri sbaglia i conti e scatena gli anestesisti

«Le terapie intensive non sono sotto pressione». Il commissario, Domenico Arcuri, assicura che la saturazione dei reparti d'emergenza è molto al di sotto della soglia critica e con questa affermazione ottiene un doppio risultato negativo. Viene sconfessato da chi in terapia intensiva lavora tutti i giorni con ritmi forsennati: i medici in prima linea. Ma non solo. Entra anche in collisione con i dati forniti dall'Istituto Superiore di Sanità che certificano una situazione critica nei reparti e dunque per questo collocano le regioni area rossa o arancione. Altrimenti l'Italia sarebbe ancora colorata in giallo. Insomma Arcuri procede con le sue affermazioni in splendida solitudine. E riesce a sbagliare anche il dato storico: «Al picco abbiamo avuto circa 7mila pazienti in rianimazione». Ma erano 4.068 il 3 aprile.

A chiarire che posti di terapia intensiva oggi disponibili ed attivi in Italia sono valutabili intorno a 7.500 e non 11.300 come sostiene Arcuri è il segretario nazionale degli ospedalieri, Anaao Assomed, Carlo Palermo. I medici ricordano pure al commissario che non esiste soltanto il Covid e che dunque circa il 60 per cento di questi letti «è occupato da pazienti con malattie gravissime come ictus, infarti, politraumi, stati di shock, sepsi e insufficienze multiorgano, che ovviamente non possono essere collocati in altri setting assistenziali». Questo significa che «la soglia del 30 per cento indicata come livello di allarme, di posti letto di terapia intensiva dedicati a Covid19 è quindi posta intorno a 2.300 ricoveri», avvertono gli ospedalieri che sottolineano come «oramai siamo ben oltre il 40 dei posti» disponibili occupati da pazienti Covid visto che siamo a 3.492 malati in intensiva e che «in molte realtà i pazienti aspettano ore, se non giorni, anche intubati, nei pronto soccorso prima di essere avviati nei reparti intensivi».

Ma allora perché Arcuri spara la cifra di 11mila posti disponibili in totale? Perché, spiegano i medici, evita di specificare che circa 3.500 di quei posti letto «sono solo sulla carta, attivabili in condizioni critiche e non immediatamente perché comprendono letti in via di approntamento, le cui gare sono partite solo a ottobre, nonché letti sub-intensivi e chirurgici già utilizzati nelle ordinarie attività ospedaliere. Senza contare che, in ogni caso, non sarebbe disponibile il personale medico e infermieristico necessario per la cura e l'assistenza dei pazienti, a causa di un decennio di totale fallimento nella programmazione dei fabbisogni specialistici».

E dalla Lombardia si leva la voce di Antonio Pesenti, direttore del dipartimento di Anestesia-Rianimazione del Policlinico di Milano e coordinatore delle terapie intensive nell'Unità di crisi per l'emergenza coronavirus.

«In Lombardia non abbiamo più posti liberi per i malati Covid e tutti i giorni dobbiamo inventarli - dice Pesenti- I malati li mettiamo nelle sale di risveglio delle sale operatorie finché qualcuno non allestisce un posto in più. Ecco qual è la situazione in tempo reale e va così da giorni».

E anche se la

curva epidemica rallenta Pesenti ritiene che ci vorranno almeno un paio di settimane prima di vedere gli effetti sui ricoveri. L'onda lunga della crescita dei positivi durerà a lungo con il rischio mandare in tilt i reparti.

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