Se una storia come quella di Vicenza la raccontassimo a un qualunque cittadino europeo (o extraeuropeo, è lo stesso), questi stenterebbe a crederci. Penserebbe alla solita barzelletta italiana. Noi per primi nell'apprenderne i particolari siamo rimasti basiti. Un bandito assalta una gioielleria e viene abbattuto da una fucilata. A sparare è un benzinaio che assiste alla scena e preme il grilletto con l'intento di difendere la commessa del negozio. Si scatena un putiferio: una polemica infinita con tanto di coda giudiziaria grottesca, in cui è coinvolto il coraggioso addetto alle pompe di carburante. Al quale i familiari del criminale defunto chiedono addirittura un risarcimento danni.
La vicenda è nota, ma l'abbiamo ugualmente riassunta per sottolinearne ancora una volta l'assurdità. C'è di più. I parenti della vittima (un rom) intendono querelare chiunque abbia osato dare del delinquente al loro congiunto. E così abbiamo conferito un tocco surreale al racconto. Un rapinatore che muore ammazzato, mentre - armato - cerca con dei complici di arraffare un bottino in una bottega di preziosi, come può essere correttamente definito? Non vanno bene i sostantivi criminale e delinquente? Troppo crudi? Chiamiamolo pure grassatore, sempre di brigante si tratta.
Bando alle forme e veniamo alla sostanza. Senza farla tanto lunga, un tale che va in giro a rapinare impugnando un kalashnikov è evidente che ha scelto un mestiere rischioso, e se ci lascia la pelle, perché sulla sua strada trova un tizio reattivo, non può che essere considerato un morto sul lavoro. Lavoro illegale, ma lavoro. Crepano tanti camionisti al volante, crepano tanti carpentieri precipitati dalle impalcature, crepa molta gente impegnata a guadagnarsi il pane, e i giornali liquidano simili incidenti in poche righe di prosa asciutta, burocratica, priva di pathos. Se però va all'altro mondo un depredatore (e ci va nel modo più probabile per un fuorilegge), scoppia un piagnisteo degno di miglior causa.
Precisiamo. Il benzinaio è indagato per eccesso colposo di legittima difesa. A parte che la difesa della propria e dell'altrui vita non è mai eccessiva né colposa, dato che ciascuno di noi è titolare di una sola vita, a parte questo, dicevamo, il citato benzinaio dapprima ha esploso un colpo di fucile in aria a scopo intimidatorio (come risulta dai nastri registrati dalle telecamere); quando poi il predone, tutt'altro che intimidito, ha risposto al fuoco sparando ad altezza d'uomo, il medesimo benzinaio ha abbassato il tiro e lo ha centrato, provocandone la morte. Non ha commesso alcun reato e, se non sarà prosciolto, verrà assolto al processo. Il contrario sarebbe una fenomenale ingiustizia.
Colui che ha freddato il bandito, Graziano Stacchio, proprietario della stazione di servizio accanto alla gioielleria assaltata, ora lavora sotto lo sguardo delle forze dell'ordine che lo proteggono da eventuali vendette degli amici del rom, e ciò dimostra che la cosiddetta vittima si contornava di persone del suo rango. Insomma, il povero benzinaio vive nel terrore solo per aver compiuto un gesto nobile. Meriterebbe una medaglia al valor civile, viceversa è nei guai, da cui uscirà indenne, ci auguriamo. Intanto però - e chissà per quanto tempo - gli tocca patire pene d'inferno.
A questo punto è da ingenui chiedersi perché la maggioranza dei cittadini,
davanti a una soperchieria subita da qualcuno, preferisca chiudere gli occhi anziché intervenire e magari testimoniare. Se le leggi sono sbagliate, la colpa è di chi le ha fatte e di chi (i parlamentari) non le corregge.
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