Addio competitività, Germania fuori dalla top ten

Berlino perde due posizioni. Proprio a causa delle cattive performance del governo

Addio competitività, Germania fuori dalla top ten

Germania fuori dalla top ten dei paesi più competitivi del mondo. Lo dice la classifica stilata dalla business school svizzera Imd. Un altro duro colpo alla gestione della cancelliera Merkel, già alle prese con il flop sulle politiche per i migranti e la gestione contraddittoria del dossier troika con la Grecia, in attesa delle elezioni legislative dell'anno prossimo che si preannunciano molto difficili per frau Angela e per il feldministro Schaeuble.

Nella classifica stilata dalla Imd è scivolata al dodicesimo posto. Lo studio si basa su un sondaggio nel mondo redatto tra più di 5.400 manager e l'analisi comparata di ben 342 criteri, relativi a sistema fiscale, della pubblica amministrazione e quindi relativi all'accesso agli investimenti. Nel 2014 la Germania figurava al sesto posto, forte del surplus interno che tante regole europee infrange e che tanti danni arreca agli altri stati membri, ma nel giro di soli dodici mesi ha perso ben quattro posizioni.

Un altro campanello d'allarme per chi predica il rigore tout court ma dimenticando che di sola austerità ci si ammala, come dimostra il caso della Finlandia, definita «la Grecia del nord». Ora il pericolo più grande per la Germania è «l'autocompiacimento», ha commentato il direttore di Imd Arturo Bris dalle colonne della Frankfurther Allgemeine Zeitung. Le motivazioni alla base del ritorno sulla terra di Berlino si trovano alla voce governo, che ha accusato un rating più basso rispetto ai concorrenti e ad alla voce perfomance economica, che evidentemente sconta anche lo scandalo Volkswagen relativo alle emissioni, con nuovo il Ceo Matthias Müller che lo scorso 28 aprile si è presentato ai mercati sciorinando i dati negativi per l'azienda e per il paese intero.

Gli Stati Uniti vantano ancora la migliore performance economica del mondo, seguiti da Singapore, Svezia, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Canada. Mentre tra i 61 paesi esaminati, alla voce produttività e nuovi business emerge Hong Kong, soprattutto a causa della bassa imposizione fiscale, seguita dalla Svizzera che si concentra su prodotti e servizi di alta qualità. I primi 20 paesi della classifica hanno in comune una spiccata attenzione a un governo ben infrastrutturato e diretto a facilitare gli investimenti, ha aggiunto Bris, «ed è la ragione per cui le economie dell'Europa orientale stanno incrementando queste qualità impostandole come chiavi di un futuro successo».

A Berlino invece hanno fatto alcuni significativi passi indietro, l'ultimo porta la firma del ministro dell'Agricoltura Christian Schmidt che promette ai produttori di latte centinaia di milioni di euro di sussidi in stile Cassa del Mezzogiorno, per ovviare ad un settore che soffre il basso prezzo del latte: assistenzialismo puro. Mentre un gruppo cinese è pronto ad assicurarsi l'aeroporto Land Hessen.

Tra quelli che sorridono invece, ben sei paesi europei sono tra i primi dieci al mondo. Segno che il jolly a questa mano non è più nelle mani della coppia Angela-Wolfgang.

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