Adesso i grillini scoprono le toghe politicizzate

Nel programma M5s il divieto per i magistrati che scendono in campo di ritornare in ruolo

Adesso i grillini scoprono le toghe politicizzate

Contrasto alla corruzione, certezza della pena, separazione tra politica e magistratura. Questi i punti salienti (in totale sette) del Programma Giustizia del Movimento 5 Stelle, pubblicato ieri con un video sul blog di Beppe Grillo per dare modo ai militanti di esprimersi sul web. Il deputato Vittorio Ferraresi spiega: «Ogni anno in Italia si prescrivono oltre centomila processi, nel 2014 siamo arrivati a 130mila. Ciò significa che milioni di euro pubblici saranno spesi per istruire processi, per fare indagini che non porteranno ad alcuna condanna». Ed ecco la proposta: «Sospendiamo la prescrizione dal momento in cui inizia il processo, ovvero da quando l'indagato diventa imputato. Oppure sospendiamo la prescrizione al momento della sentenza di primo grado, sia essa di condanna, sia essa di assoluzione, fateci sapere».

Altro punto, la separazione tra politica e magistratura. «Problema che si pone - dice Ferraresi - soprattutto quando un magistrato lascia momentaneamente la toga per dedicarsi a un incarico politico e poi magari torna a fare il giudice. Ecco la proposta: vi chiediamo se il magistrato che si è dedicato alla politica, ed è stato eletto nelle istituzioni, non possa più tornare alla magistratura giudicante o requirente oppure se ciò possa essere possibile solo dopo 5 anni». Intercettazioni. «Da anni si parla di regolarle meglio o di ridurle drasticamente anche se i magistrati le ritengono uno strumento fondamentale. Il quesito che vi sottoporremo riguarda sia la possibilità di regolare e ampliare l'utilizzo delle video riprese come strumento investigativo, sia la possibilità di ampliare l'utilizzo delle intercettazioni estendendolo ai reati contro la Pubblica amministrazione».

L'appello. Ecco la proposta M5s: «Il nostro ordinamento prevede che, se a proporre l'appello è solo l'imputato, il giudice di secondo grado non può condannarlo a una pena più alta ma può solo abbassarla o lasciarla uguale. Vi chiediamo se sia giusto riformare questa norma, nel senso che anche nel caso in cui a proporre appello sia l'imputato, questi possa incorrere in una condanna più pesante rispetto a quella ricevuta in primo grado. L'invito è a riflettere sulla valutazione di costi/benefici e garanzie in quanto oggi, a fronte di un sacrosanto diritto a impugnare una sentenza ritenuta ingiusta, una larga parte degli appelli sono fatti per cercare di ottenere pronuncia favorevole o prescrizione senza rischiare nulla, con conseguente ingolfamento delle Corti d'appello».

E, per la serie «Giustizia a cinque stelle», ieri la sindaca Raggi ha fatto sapere

che la nomina di Renato Marra a capo del Turismo del Campidoglio è stata un'idea dell'assessore al Commercio Adriano Meloni. Chissà che non si alleggerisca un po' la posizione dell'altro Marra (Renato), e anche la sua...

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