Nessun cambio di strategia sulle alleanze: il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle hanno già tirato fuori il patto giallorosso. Una riverniciata dopo qualche giorno di stand-by. Con tanti saluti alle intenzioni del Pd di dialogare con tutto l’arco del centrosinistra. Il segretario del Pd, Enrico Letta, e il leader in pectore del M5S, Giuseppe Conte, si sono incontrati, gettando le basi per la prossima coalizione. "Un primo faccia a faccia, molto positivo, tra due ex che si sono entrambi buttati, quasi in contemporanea, in una nuova affascinante avventura", ha commentato Letta sui profili social.
Il rischio è che il rafforzamento dell'asse diventi un tormento per il governo Draghi. Nella maggioranza, tra Lega e Forza Italia, il ritorno dell’asse giallorosso è visto con diffidenza: l’operazione è destinata ad aumentare il livello di tensione tra le forze politiche che sostengono l’operato dell’esecutivo. E anche gli altri alleati osservano l’operazione come un atto ostile nell’ottica di future alleanze. Matteo Renzi aveva chiesto, durante l’assemblea nazionale di Italia viva, una scelta di campo al Pd, rinunciando all’alleanza con i 5 Stelle. La risposta di Letta è arrivata nei fatti: dopo pochi giorni ha incontrato Conte per riprendere il discorso interrotto dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti da leader dem.
Patto Letta-Conte con la grana Raggi
Certo, se la versione ufficiale parla di “cantiere per le Amministrative”, la verità è più dura. A Roma c’è già una mina sul percorso: il Pd vuole mandare a casa Virginia Raggi prima della fine del mandato, sfruttando i numeri esili della maggioranza in Aula, dopo la perdita del Movimento di un altro consigliere. Sul tavolo c’è l’ipotesi della mozione di sfiducia alla numero uno del Campidoglio e i dem capitolini sono tra propulsori dell’iniziativa. Ma Letta e Conte, su questo punto, hanno preferito mettere la polvere sotto il tappeto. E pensare a mirabolanti progetti.
Il dialogo con i 5 Stelle è peraltro funzionale alla strategia del segretario del Pd. “Letta sta portando avanti una reale derenzizzazione del Pd”, osserva una fonte del partito. “Ma – è il ragionamento - non si tratta di un’azione per allontanare gli ex sostenitori di Renzi. Il suo è un progetto di disarticolazione delle correnti. Il nuovo segretario davvero non vuole ex renziani, nel senso che chiede la presenza di esponenti del partito indipendentemente dal loro passato”. Il disarcionamento di Andrea Marcucci da capogruppo al Senato rientra in questo preciso disegno: abbattere lo status quo.
Conte preferito anche a Calenda
“Letta non vuole compiere lo stesso errore di Zingaretti, che ha lasciato tutto come era. E alla fine ha pagato a caro prezzo questa sua morbidità”, spiega un parlamentare entusiasta delle mosse del neo-leader. La questione di genere, con la nomina due donne capogruppo, è stata la motivazione perfetta. Impossibile dire di no, pena l'accusa di alimentare il gender gap.
Ma se Renzi è stato di fatto allontanato come possibile alleato, non può sorridere Carlo Calenda. Il leader di Azione ha sempre piantato un paletto preciso: non vuole alcun confronto con il Movimento. Chi vuole allearsi con lui, deve escludere il dialogo con i grillini. “Su questo versante, Letta ha chiarito le idee. Per lui la priorità è data ai 5 Stelle, gli altri devono adeguarsi. Fa parte di questo approccio molto decisionista che sta attuando”, analizzando dal partito.
E dalle parti del Movimento, la notizia dell’incontro Letta-Conte è stata accolta con sollievo, per una ragione precisa: significa che l’ex presidente del Consiglio è realmente intenzionato ad assumere il comando nei 5 Stelle. L'unica cosa che conta, ora, per i gruppi pentastellati. E allora ben venga, o meglio torni, l'asse giallorosso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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