Si chiamano spese obbligate, e già dall'aggettivo incorporato capisci che non hai scampo: devi pagare. E così, ai tempi del Covid, le famiglie italiane devono sempre più industriarsi per far quadrare i bilanci domestici, inseguite come sono dalle pletora di bollette in scadenza, dal costo degli affitti, dai tributi per smaltire i rifiuti, senza dimenticare gli oneri legati alla manutenzione di casa (spesso dovuti allo smart working) ed automobile e quelli per i carburanti. A conti fatti da Confcommercio, gli esborsi coatti si sono mangiati lo scorso anno il 44% del budget degli italiani (contro il 16,9% delle spese per alimentari), per una cifra pro capite pari a 7.168 euro, la più alta mai registrata dal 1995.
Un record assoluto a cui avremmo volentieri rinunciato. Anche perché il tirar di cinghia per evitare il taglio di servizi essenziali causa insolvenza, ha un effetto collaterale dal retrogusto amaro: finisce per comprimere quei consumi privati che danno un senso di appagamento e di benessere, senza dover scomodare l'aforisma di Wilde secondo cui «niente è più necessario del superfluo».
Qui, semmai, mancano i soldi per comprarsi un vestito, un paio di scarpe, abbonarsi a una Pay tv, oppure per programmare una vacanza. Sono atti di rinuncia forzosi, l'epitome dell'impoverimento collettivo da pandemia, i cui sintomi conclamati stanno nell'appena 15,6% delle disponibilità familiari destinato nel 2020 alle spese volontarie.
La situazione, peraltro, non sembra migliorata in questi ultimi mesi, nonostante l'atteso colpo di reni del 5,6% a fine anno del Pil tricolore pronosticato dagli economisti interpellati da Bloomberg. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, va infatti dritto al cuore del problema: «L'economia è in ripresa ma i danni provocati dalla pandemia sono ingenti, soprattutto i consumi crollati ai livelli più bassi degli ultimi quindici anni. Occorre superare al più presto l'emergenza sanitaria con i vaccini per consolidare il clima di fiducia, precondizione necessaria per rafforzare la crescita economica e sostenere i consumi».
L'associazione di categoria prevede per l'anno in corso una stasi della domanda legata all'alimentazione a fronte di un recupero, seppure parziale, degli acquisti di autovetture e per l'abbigliamento e le calzature. Ma la spina nel fianco delle famiglie saranno ancora le spese obbligate, che dovranno essere coperte con 7.291 euro pro capite, il 42,8% del totale. Di questi, 4mila euro serviranno per pagare pigioni, energia, acqua, smaltimento rifiuti e manutenzioni assortite. Una fetta grossa, equivalente a oltre un quarto del totale consumi, che rende macroscopica la differenza col 1995, quando la percentuale si fermava al 18%.
Resta, infine, l'incognita legata all'inflazione, una variabile che potrebbe condizionare ulteriormente i consumatori. I rincari appaiono comunque ancora sotto controllo, a giudicare dai dati diffusi ieri da Eurostat: i prezzi al consumo sono cresciuti in luglio del 2,2% nell'eurozona e dell'1% in Italia.
Livelli che potrebbero salire temporaneamente nella seconda metà dell'anno in base alle previsioni della Banca centrale europea, ma senza avere ripercussioni sulle politiche di aiuto della banca guidata da Christine Lagarde.
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