Perfettamente sordo alle proteste che in questi giorni stanno riempiendo le piazze della capitale e delle principali città dell'Algeria, nel tardo pomeriggio di ieri Abdel Aziz Bouteflika è salito a bordo di un aereo di Stato giunto a Ginevra per recuperarlo e si è diretto verso Algeri. Bouteflika, 82 anni e in condizioni di salute più che precarie, era ricoverato da settimane in una clinica della città svizzera per curare, tra l'altro, le conseguenze di un ictus che lo ha colpito sei anni fa. Non parla in pubblico ormai da anni, si muove solo in sedia a rotelle ed è stato dato per morto numerose volte, ma sarà il candidato del regime per la quinta volta consecutiva alle prossime elezioni fissate per il 18 aprile.
Bouteflika è ormai sempre più chiaramente (e penosamente, va aggiunto) il burattino di un gruppo di potere il Fronte di liberazione nazionale - che è di fatto l'erede del vecchio blocco orientato a sinistra che domina in Algeria fin dal lontano 1962, quando il Paese nordafricano conquistò armi in pugno l'indipendenza dalla Francia. Sostenuto dai militari e dall'élite (che in parte con questi coincide) che gestisce l'unica vera ricchezza del Paese, i giacimenti di gas e di petrolio che punteggiano il Sahara algerino, siede ininterrottamente sul più alto scranno dal 1999 e rappresenta una continuità che la parte più istruita della società e la gran massa dei giovani (che degli oltre 40 milioni di abitanti dell'Algeria costituiscono la larga maggioranza) ormai rifiutano apertamente, identificandola con la corruzione e con una tragica mancanza di prospettive. Ma se l'aggrapparsi a un moribondo è un segno di debolezza dell'élite al potere, anche l'opposizione manca di forza: non riesce a trovare un punto di convergenza per affrontare il regime con un candidato unico.
Nei giorni scorsi, diversi esponenti dell'opposizione che si erano presentati alle presidenziali hanno anzi fatto marcia indietro. La loro rinuncia ha ricordato all'opinione pubblica algerina e a quella assai numerosa dell'emigrazione in Francia, che segue con molta partecipazione gli eventi manifestando il sostegno all'opposizione nelle piazze di città come Parigi, Marsiglia e Lione (ieri contro la candidatura erano 10mila a Parigi) che il regime ha ancora una grande forza intimidatoria. Ma un numero sempre più grande di cittadini non se ne dà per inteso, e affolla le piazze algerine. Due giorni fa, e anche ieri, le manifestazioni ad Algeri, Orano, Costantina e nel capoluogo berbero Tizi Ouzou (una sorta di capitale dell'opposizione al regime) hanno richiamato nelle strade oltre un milione di persone. Gran parte di loro erano giovanissimi, e ieri il governo ha annunciato una mossa che sembra al tempo stesso dimostrazione di astuzia e di debolezza: l'anticipo di dieci giorni delle vacanze primaverili nelle università, solitamente fissate al 20 marzo. Piuttosto chiara l'intenzione di limitare la partecipazione degli studenti, ma è altrettanto chiaro che l'espediente sembra debole.
Rimane ora da vedere se il ritorno in patria di Bouteflika sarà seguito da scoppi di violenza.
L'Algeria, va ricordato, uscì negli anni Novanta dall'incubo della presa del potere da parte di un partito estremista islamico al prezzo di 150mila morti e da allora è di fatto in mano ai militari che da quell'incubo l'hanno salvata.
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