«È pazzesco, faranno prima gli americani a contare i voti per posta che il governo italiano a varare il dpcm», sbotta al tramonto un dirigente dem.
Il dpcm, firmato da Giuseppe Conte nella notte di martedì, e di cui ieri era prevista la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, continua a slittare. Mentre per tutto il giorno prosegue la guerriglia tra regioni (quelle di centrodestra, a cominciare dalla Lombardia, in testa) e governo. Il caos istituzionale sembra fuori controllo. «Così non si può andare avanti», geme la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa (Pd). Mentre dalla segreteria Pd Brenda Barnini accusa il governo di «tentennamenti» ed esprime «amarezza» per l'ennesimo rinvio del premier.
A sera, Palazzo Chigi fa sapere che «tutte le nuove misure saranno in vigore a partire da venerdì, in tempo utile per consentire a tutti organizzare le proprie attività». E annuncia l'ennesima conferenza stampa notturna di Conte, che alle 20,20 (per la prima volta puntuale) si affaccia sui teleschermi da Palazzo Chigi: «I numeri dei contagi sono in costante aumento, sono a rischio le terapie intensive quindi dobbiamo intervenire per rallentare la curva», esordisce. Non sono possibili «misure univoche» su tutto il territorio, spiega respingendo le richieste regionali, perché sarebbe «irragionevole», tanto più che i criteri non saranno «arbitrari» e deriveranno da monitoraggi congiunti. Ma «la pandemia corre ovunque, e nessun territorio può sottrarsi», e «non si può mettersi a negoziare sulla pelle dei cittadini», è il messaggio aspro ai governatori. Quindi «non ci sono alternative, dobbiamo affrontare queste restrizioni, anche se capiamo disagi e sofferenze», ovviamente con la promessa di «mitigarle» col decreto «ristori bis» che spera di varare già stasera. Per ora, giura il premier, «non saranno necessari ulteriori scostamenti di bilancio, anche se siamo pronti a fare tutto il necessario per affrontare una prova così dura, anche chiederlo in Parlamento».
Il premier prende tempo, cercando di diluire l'assedio al governo contro la nuova stretta, che è certo animato per ragioni politiche dal capo leghista Matteo Salvini, ma non vede estranei gli amministratori di centrosinistra: dal governatore dell'Emilia Romagna Bonaccini, presidente della conferenza delle regioni, al sindaco di Milano Sala, che twitta polemico: «Caro governo, sono le sei di sera, un bar milanese sta chiudendo e non sa se domattina potrà riaprire. Quando glielo facciamo sapere?».
La tensione nella maggioranza e nell'esecutivo si ripercuote fin dentro il Consiglio dei ministri, dove scoppia uno scontro imprevisto tra il ministro dell'Economia Roberto Gualteri, e quello della Salute, Roberto Speranza, sul decreto Calabria per il commissariamento delle Asl. Un «litigio furibondo», secondo qualche testimone, con il titolare del Mef che si lamenta per non essere stato sentito sul decreto e di non aver condiviso il testo.
Insieme al dpcm, rischia di slittare anche il famoso vertice di maggioranza che era previsto per oggi pomeriggio (ma Palazzo Chigi avrebbe dato appuntamenti diversi ai vari partiti, raccontano: chi sapeva giovedì, chi venerdì). Di certo, spiegano al Nazareno, Conte non aveva alcuna voglia di farlo, per timore di far emergere le tensioni interne. Così lo scontro sul dpcm e il caos con le regioni del centrodestra diventa l'ennesima via di fuga: «Rimpasti? Nessuno li chiede - giura Conte - e vista la criticità del momento non mi sembra proprio che sia un tema che interessa a me ma neanche ai cittadini». Quindi, spiega, «Ci vedremo con i leader di maggioranza per valutare le priorità politiche in questa emergenza, e anche per pensare al futuro, confrontandoci con nuova lena».
Quanto al dialogo con le opposizioni, sollecitato dal Colle, Conte svicola abilmente, spiega che la richiesta di un «tavolo di confronto» è «partita da me», ma che il centrodestra ha «scelto di rifiutarlo», ma che lui resta a braccia aperte: «Il tavolo resterà lì fino alla fine, per dialogare davanti a una sfida così drammatica» e non per «condividere» o scaricare responsabilità che il governo «si assume tutte».
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