Altro pasticcio sulle mascherine Ffp2 "Così non si possono detrarre dal 730"

L'esperto: "Per scaricarla serve la dicitura dispositivo medico". Eppure sono obbligatorie per entrare nei musei e viaggiare

Altro pasticcio sulle mascherine Ffp2 "Così non si possono detrarre dal 730"

Sostanzialmente obbligatorie ma non detraibili nel 730. Il pasticcio sulle Ffp2 (ormai quasi introvabili, tantomeno a prezzo calmierato a 75 centesimi) si arricchisce di un nuovo capitolo. Ai commercialisti che stanno lavorando sulle dichiarazioni dei redditi 2021 è balzata subito all'occhio questa discrepanza: «Non tutte le mascherine possono essere detratte in sede di dichiarazione dei redditi - dice al Giornale Gianluca Timpone, che per primo se n'è accorto - ma solo quelle che presentano il codice AD e che sono considerate dispositivi medici». Ad oggi lo sono soltanto le mascherine chirurgiche, mentre le mascherine Ffp2 e Ffp3 sono classificate come Dispositivi di protezione individuale.

Oggi siamo al paradosso: le Ffp2 che ci proteggono di più rispetto a quelle chirurgiche, che hanno un costo decisamente superiore e che vanno indossate se si vuole viaggiare o andare per musei sono considerate Dpi, non alla stregua di medicinali. Tanto per fare un esempio, dopo Natale chi viaggiava con Trenitalia non ha più ricevuto come omaggio la mascherina chirurgica «griffata», visto che il governo aveva previsto l'obbligo di Ffp2, cogliendo alla sprovvista l'operatore ferroviario. «Ma in realtà, visto che sono considerate Dpi - dice un esperto di sicurezza sul lavoro e decreto 81/2008 - a maggior ragione andrebbero fornite ai clienti, a garanzia della sicurezza del luogo che Trenitalia ed altri soggetti sono tenuti a garantire, alla stregua degli estintori e degli impianti elettrici a norma». Dunque, sintetizza l'esperto, «o sono Ffp2 che vanno garantiti ai clienti da ristoranti, musei, compagnie aeree e ferroviarie... o sono dispositivi medici, dunque detraibili». Lo stesso discorso vale a scuola, come peraltro chiedono i presidi. «Andrebbero garantite a tutti gli insegnanti e a tutti i bambini dallo Stato, non solo alle insegnanti che hanno a che fare con bambini fragili o esonerati dall'obbligo». Una bella grana.

Il pasticcio delle mascherine si sarebbe evitato se l'Italia avesse un piano pandemico, perché oggi potrebbe imporre alle aziende di farsi delle Ffp2 in casa e a un prezzo calmierato, deciso prima della pandemia. Così non è, la Procura di Bergamo sta studiando il dossier curato da Andrea Crisanti per capire se è possibile dimostrare che la sequela di inadempienze e di leggerezze di governo, Cts e ministero della Salute sia legata all'assenza di un piano sia strettamente correlata con i morti nella Bergamasca.

Intanto si riaccendono i riflettori sulle cosiddette mascherine «farlocche». Nei giorni scorsi le Dogane hanno chiesto alla Asl di Bolzano circa 2 milioni di euro di diritti doganali per uno stock di mascherine cinesi, sdoganate in Italia grazie a una idoneità autocertificata ma assolutamente inutili. Dunque, senza i presupposti di idoneità, addio franchigia. Non è escluso che nelle prossime settimane arrivino altre richieste, visto che a fronte di circa 4 miliardi di mascherine finite sugli scaffali di negozi e farmacie - la cifra è stata fornita nei giorni scorsi dal direttore di Dogane e Monopoli Marcello Minenna - diversi milioni si siano dimostrati essere carta velina. Ma chi paga? Chi ha ordinato le maschere, come la Asl? L'ex commissario straordinario Domenico Arcuri, sfiorato da alcune indagini? O chi li ha fatte passare, magari «declassandole» al rango di mascherine di comunità vista l'emergenza? Tra l'altro, secondo quanto risulta al Giornale, più di una Procura sta lavorando sul possibile legame tra mascherine farlocche e boom di contagi nella primissima fase nonostante il lockdown.

Un business milionario per fornitori, mediatori, lobbisti e faccendieri al centro di una puntata di Report in onda domani, in cui si ipotizza un ruolo dei servizi segreti dietro gli appalti per l'acquisizione delle mascherine di Stato.

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