Conte, Letta e Speranza vogliono rifare l'alleanza giallorossa. Con un nuovo invitato (al posto di Matteo Renzi) al tavolo: Mattia Santori, leader della Sardine. C'è solo un dettaglio: i padri nobili del nuovo Ulivo litigano già su tutto.
Speranza auspica un'intesa già ai ballottaggi in autunno. Letta è rassegnato: «Se ne riparla nel 2023». Conte mette il cappello sull'operazione. Ma rischia di perdere mezzo M5S che sogna (e chiede) il ritorno alla guida del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il battesimo della riedizione dell'alleanza giallorossa, finita sulle ceneri del governo Conte due, avviene in casa del ministro della Salute Roberto Speranza. Conte e Letta si collegano all'assemblea nazionale di Articolo Uno, la forza politica guidata da Speranza. C'è, nei proclami dei leader, l'orizzonte di costruire un'alleanza politica. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il voto in autunno. Pd e M5S camminano da avversari a Roma, Torino, Milano e Bologna. Il ministro Speranza, nella veste di leader di partito, mette sul piatto la soluzione: «Dobbiamo assumere un impegno a scatola vuota, dicendo che dove non riusciremo a fare un accordo al primo turno, lavoreremo insieme per sostenere il candidato di chi di questa famiglia è arrivato al secondo turno».
Letta dribbla il discorso: «Noi staremo insieme alle prossime elezioni politiche, io ne sono convinto. Saremo parte di una proposta comune, lavoreremo in questo anno e mezzo per arrivare in quella direzione e potremo farlo perché siamo persone che sanno collaborare, che sanno ascoltarsi, che sanno parlarsi, che si stimano tra di loro». Ai ballottaggi il discorso non è semplice. Roma è la fotografia di un'alleanza nata morta. Se al secondo turno dovessero andare Carlo Calenda e Virginia Raggi, con chi si schiererebbe il Pd? L'altra novità di giornata sul fronte giallorosso è il riavvicinamento (un ritorno alla casa madre) al Pd di Speranza: «Se le Agorà di Letta sono il tentativo di ricostruire un pensiero, di ricostruire un partito, io penso che dobbiamo starci, con le nostre idee» annuncia il leader di Articolo Uno. Il segretario Pd resta cauto: «Dobbiamo prometterci che lavoriamo a innaffiare insieme la nostra convivenza».
Ma il vero sponsor del nuovo centro-sinistra Pd-M5S-Leu è l'ex premier Giuseppe Conte che si candida al ruolo di federatore: «Abbiamo alle spalle un cammino comune con il Pd e Leu fatto di franco e continuo scambio e di arricchimento reciproco che non parte dall'arrogante posizione di chi vuole affermare solo il proprio punto di vista. Una collaborazione salda. Questa esperienza non può essere accantonata: dobbiamo continuare a lavorare insieme e dobbiamo darci un orizzonte». L'avvocato del popolo detta i punti dell'agenda: «Sono tre i punti che dobbiamo darci: fiducia, abbiamo sempre lavorato perché ci sia fiducia, dobbiamo respingere i tentativi di chi lavora per aumentare le divaricazioni, la violenza e l'odio. Identità che non è esclusione del diverso, ma senso di appartenenza e ecologia integrale, che significa superare la visione angusta dell'ambiente».
Per Conte i guai arrivano dal fronte interno.
Si fanno sempre più insistenti le voci di un possibile passaggio nel Pd di due big: l'ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e l'attuale titolare del ministero dell'Agricoltura Stefano Patuanelli. Mentre nelle chat dei parlamentari grillini cresce la spinta per un ritorno di Di Maio alla guida dei Cinque stelle.
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