Anna (e gli altri) ci sfidano: "Disabili? Solo ai vostri occhi"

Il libro di una studentessa ci ritorce contro i pregiudizi sui portatori di handicap: «Normalità, non compassione»

Anna (e gli altri) ci sfidano: "Disabili? Solo ai vostri occhi"

Le montagne sono fatte per essere scalate e la disabilità non è un limite, spesso sta solo negli occhi di chi guarda. E ne è la prova Scott Doolan, un ragazzo australiano appena partito alla conquista dell'Everest che forse riuscirà a raggiungere il suo obiettivo: diventare il primo uomo in sedia a rotelle a raggiungere il campo base a 5.364 metri della più alta montagna del mondo.

Da oggi, inoltre, Google Maps segnala i percorsi accessibili ai disabili. Le mappe speciali sono attive a Londra, New York, Tokyo, Città del Messico, Boston e Sydney. Ma le vette non sono solo quelle reali, ci sono tanti limiti da superare. E le strade non sono solo quelle da tracciare su una mappa, sono anche quelle da percorrere lungo la vita.

«Il problema non è la disabilità, il problema sono le persone che pensano che la disabilità sia un problema». E lo sa bene Anna Adamo, una ragazza di 22 anni che studia giurisprudenza a Salerno e che con la disabilità convive praticamente da quando è nata. Nel suo libro, La disabilità non è un limite (Europa Edizioni), Anna parla della sua vita e delle sue battaglie. La cosa bella di Anna è la sua forza, il suo non essere vittima. Il vivere di sogni e passioni. «Molti mi dicono che sono un esempio da seguire. Ma io non sono un esempio da seguire, anche se ho deciso di mettere su carta la mia storia. Lo sarò, forse, quando non ci sarà più discriminazione, quando ci saranno leggi per disabili. Ecco, solo allora potrò dire di essere un esempio».

Con la sua storia, nel 2017, Anna ha vinto il premio dell'università Luiss «Giovani per Roma», che ha premiato dieci ragazzi che si sono distinti per merito. Bisogna parlare di questi temi per abbattere le barriere che stanno dietro agli occhi di chi disabile non è, barriere che si finge di non vedere ma che sono presenti.

Il vero limite sono gli occhi degli altri, dunque. I pregiudizi sono tanti e sono difficili da spezzare. Per farlo, prosegue Anna, «dobbiamo dimostrare che siamo il contrario di tutto quello che gli altri possono pensare». Il traguardo è non essere percepiti come diversi, ma «essere trattati come tutti gli altri, senza compassione o pietà, solo con normalità». Sui traguardi, la studentessa salernitana dice: «Volere è potere, non bisogna adagiarsi sulla disabilità. Io la vedo come un gradino e devo andare oltre, devo alzare un piede e sorpassarla». ll pregiudizio altrui, spiega Anna, riguarda anche il rapporto con la sessualità e l'amore, quasi come se i disabili non potessero innamorarsi o vivere come gli altri.

Già, gli altri. Gli altri non sono perfetti, perché nessuno lo è. «La perfezione non esiste. I disabili escono, si innamorano, fanno sesso. Possono amare ed essere amati», dice Anna. E non è con l'atteggiamento tipico di chi si approccia alla disabilità che si possono risolvere le cose, no. Perché si sbaglia, e di molto: «Non si deve partire dall'esclusione, ma dall'inclusione». E dal poter fare cose che tutti fanno. «La persona disabile spesso viene vista come persona che non può fare, ma deve essere considerata una persona come tutte le altre: non ha bisogno di compassione o di pietà, solo di normalità». Quanto a sé stessi, bisogna smettere di identificare una persona con il suo problema. Anna ha una disabilità nella deambulazione, ma «Anna è Anna, Anna non è la disabilità di Anna». E deve esistere a prescindere. La persona disabile «deve essere trattata come tutti gli altri perché è come tutti gli altri e perché la disabilità non è sinonimo di diversità, la disabilità è uguaglianza».

Molto deve essere fatto anche dalla persona con disabilità: «Non va bene che la persona disabile si chiuda in sé stessa».

Molto importante è l'ambiente scolastico, su cui Anna ha delle grosse riserve «una bambina con disabilità dovrebbe vivere l'ambiente scolastico come un luogo di formazione e non come un luogo di discriminazione».

E quindi: cambiamo tutto, partiamo da noi.

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