Notizia numero uno, che sembra brutta. Ieri i contagi del giorno sono stati 12.527, praticamente gli stessi rispetto al 9 dicembre del 2020: 12.756. Notizia numero due, decisamente meno brutta. Tutti gli altri parametri importanti sono decisamente meno gravi rispetto a esattamente un anno fa. I morti lo scorso anno furono 499 e ieri 79, quindi l'87,68 per cento in meno. I ricoverati in area non critica nel 2020 erano 29.653 e ieri 6.333, il 78,64 per cento in meno. I ricoverati in terapia intensiva erano 3.320 e sono 811, il 75,57 per cento in meno. Quanto al tasso di positività calcolato rispetto ai tamponi totali refertati, in un anno è sceso dal 10,77 per cento al 4,00, con un calo del 62,86 per cento. Se ne deducono due cose: la prima è che il numero di nuovi contagi è un dato sempre meno significativo, innanzitutto perché si fanno tre volte più tamponi dell'anno scorso e poi perché il virus è forse altrettanto trasmissibile ma sempre meno aggressivo; la seconda p che le vaccinazioni funzionano, se non per arginare l'infezione certamente per limitare (e di molto) i danni. Dice: lo sapevamo. D'accordo, ma un ripassino numeri alla mano non guasta.
Certo, questo non vuol dire che possiamo dormire sugli allori. Ormai è chiaro che dopo qualche mese i vaccini proteggono meno e molti italiani inizialmente corazzati da due dosi iniziano a intravedere qualche crepa nell'armatura. In attesa di blindarsi con il booster meglio non prendere le cose sotto gamba. Lo dice anche il report della fondazione Gimbe, relativo alla settimana 1-7 dicembre: aumentano i nuovi casi di coronavirus in Italia (+22,4 per cento), i ricoveri (+16,3), le terapie intensive (+13,6) e i decessi (+12). La curva sta comunque flettendo e forse entro qualche settimana potremmo raggiungere il plateau della quarta ondata.
Del resto in alcune regioni le cose negli ospedali non vanno benissimo. Lo dicono i dati del report settimanale dell'Agenas, lo confermano i calcoli che abbiamo fatto noi stessi aggiornati a ieri. Il rischio di un Natale in giallo (se non peggio) è concreto in molti territori. Per andare in giallo bisogna infatti superare i 50 contagi settimanale ogni 100mila abitanti (situazione in cui si trovano tutti tranne il Molise, con punte di 557 in Alto Adige, di 376 in Friuli-Venezia Giulia e 369 in Veneto) e avere un tasso di occupazione delle terapie intensive superiore al 10 per cento e delle aree non critiche superiore al 15. In questa condizione si trovano da settimane Friuli-Venezia Giulia (14,29 e 23,26 per cento) e provincia autonoma di Bolzano (18,00 e 19,20) e da ieri anche la Calabria (11,05 e 16,75) che però oggi forse eviterà il castigo grazie al quanto meno sospetto calo di tre pazienti in terapie intensive per due giorni, che hanno abbassato la percentuale sotto il 10 giusto mercoledì e giovedì, quando il ministero della Salute decide i colori. Vicini ai limiti la Lombardia (8,89 per cento delle terapie intensive occupate e 13,64 per cento delle aree non critiche), il Veneto (rispettivamente 12,40 e 12,05 per cento), l'Emilia-Romagna (10,01 e 10,70 per cento), il Lazio (12,09 e 12,10 per cento), la Liguria (12,67 e 13,68 per cento), le Marche (12,40 e 11,59 per cento) e la provincia autonoma di Trento (16,67 e 14,89 per cento). Tutti territori, tranne la Lombardia, al momento «salvati» solo dai pazienti ordinari leggermente sotto al limite.
Basterà che nei prossimi giorni finiscano in ospedale pochi ricoverati per ingiallire le varie regioni: 359 per l'Emilia-Romagna, 187 per il Lazio, 177 per il Veneto, 33 per le Marche, 23 per la Liguria, appena uno per il Trentino. Per la Lombardia «servono» 17 ricoveri in terapia intensiva e 108 in area non critica.
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