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Antonio e Andrea ancora sotto choc: "Mai successa una cosa così"

Lo "scorta ditta" compilava un modulo al momento dell'incidente. L'altro "miracolato"

Antonio e Andrea ancora sotto choc: "Mai successa una cosa così"
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Scuote la testa e continua a ripetere: «Una cosa così non era mai successa, mai, mai». È sotto choc, disperato, Antonio Massa, 46 anni, originario di Foggia e residente a Grugliasco e continua a chiamare i nomi dei compagni, con le immagini del sangue ancora negli occhi.

È lui il primo indagato dalla Procura di Ivrea nell'inchiesta di Brandizzo e non si capacita di come sia avvenuto il disastro, sotto i suoi occhi. Al momento dell'impatto era lì, assieme ai suoi compagni di lavoro, sul binario. E si è salvato solo perchè era sulla banchina.

Stava compilando dei moduli, una relazione per conto di Rfi, società della quale è dipendente. Documenti che sicuramente serviranno a far luce su questa assurda disgrazia. Non ha fatto nemmeno in tempo ad alzare la testa che il treno aveva già travolto i suoi amici. Era lo scorta-ditta, quindi era suo il compito di comunicare se fosse stato concesso o meno il permesso di iniziare i lavori sui binari o se il passaggio dei treni fosse autorizzato o meno.

La squadra dei ragazzi era collaudata. Lavoravano spesso assieme. E facevano sempre la stessa cosa, tutte le notti.

A testimoniarlo è anche Andrea Girardin Gibin, 50 anni, di Borgo Vercelli, caposquadra della Sigifer, il secondo indagato dell'inchiesta. Anni di esperienza alle spalle.

Sopravvissuto per puro miracolo: era infatti l'unico che non dava le spalle al treno in arrivo e, quando ha intravisto la luce, ha fatto in tempo a spostarsi ma non ad avvisare gli altri. «Il treno non si sente, nessuno si è accorto, nessuno lo ha sentito arrivare» spiegano tutti. «Ho alzato lo sguardo, sono stato abbagliato dalle luci. Ho fatto appena in tempo a lanciarmi istintivamente di fianco - racconta illeso ma devastato dal dolore - Ho visto la morte in faccia. Lo spostamento d'aria provocato dal treno mi ha buttato a terra».

Andrea è il saldatore della squadra, e stava saldando anche quella notte, onorando una tradizione di famiglia. Poco prima aveva scherzato con Michael per l'immagine del crocifisso comparsa sul metallo fuso. Due battute e via di nuovo al lavoro.

Per Andrea il lavoro sulle rotaie è di famiglia. «Anche io padre ha lavorato per le ferrovie - racconta la cognata - Era stato assunto nel 1976. Andrea sta male, chiama per nome i ragazzi, piange. Non erano solo colleghi, erano tutti amici».

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