Marine Le Pen fa quello che le riesce meglio, la leader di lotta. Emmanuel Macron risponde come gli viene bene da sempre, dall'alto al basso, interpretando il ruolo che difende con le unghie e con i denti, quello di uomo delle istituzioni, che sa mantenere i nervi saldi. Ma i nervi stanno saltando anche a lui. E il risultato è uno scontro feroce, esempio di quanto la posta in gioca sia alta, in vista del secondo turno delle legislative del 7 luglio che decideranno chi governerà la Francia. Il duello offre un assaggio di ciò che potrebbe essere la coabitazione fra un primo ministro dell'ultradestra come Jordan Bardella e un presidente come Macron, se davvero l'alleanza fra il Rassemblement National e il centrodestra di Eric Ciotti strappasse la maggioranza assoluta domenica.
Ed ecco i fatti. Marine Le Pen ha accusato dai microfoni di France Inter il capo dello Stato di preparare «un colpo di Stato amministrativo». La leader di Rn si riferisce alle «voci» di possibili nomine, già oggi in Consiglio dei ministri, dei nuovi direttori generali di Polizia e Gendarmeria e di «decine di prefetti». Le Pen accusa il presidente di voler «contrastare i risultati delle elezioni», di voler piazzare suoi uomini in ruoli chiave, come è già avvenuto nelle ultime settimane, per rendere più ardua l'impresa di governo a cui l'ultradestra è vicina come mai prima.
La tensione è alle stelle, mentre il fronte macroniano e la sinistra lavorano per evitare in ogni modo l'avvento al potere di Rn. Emmanuel Macron coglie la palla al balzo per negare ciò che ormai si dice da giorni, che il presidente si stia preparando già a una coabitazione e a renderla impossibile ai rivali. E replica alle accuse di golpe mettendo in luce i toni forti della leader di Rn, sottolineando i suoi eccessi come espressione di un'incapacità di autocontrollo. «Avere responsabilità presuppone sangue freddo e misura», afferma la presidenza in una nota in cui richiama l'art. 13 della Costituzione, relativo alle prerogative del capo dello Stato. Macron ne approfitta per impartire una lezione all'ultradestra: «Da 66 anni ogni settimana ci sono nomine e movimenti, in particolare in estate, indipendentemente dalle fasi politiche vissute dalle nostre istituzioni e non è previsto in alcun modo che una di queste disposizioni possa cambiare nei prossimi mesi». La presidenza richiama anche l'art. 8 della Costituzione, secondo cui l'unico «in grado di nominare un premier e il suo governo è il presidente della Repubblica» e spiega che lo farà, «come ha indicato, dopo le elezioni legislative sulla base della composizione dell'Assemblée Nationale che i francesi eleggeranno». Un chiaro avvertimento che il pallino è nelle sue mani e, senza maggioranza assoluta per l'alleanza di destra, il presidente eserciterà tutti i suoi poteri per sbarrare la strada al duo Bardella-Le Pen.
Eppure, nonostante Rn abbia contro tutti i partiti, sindacati, università, rapper e da ieri pure mille storici, che hanno firmato l'ennesimo appello contro, e nonostante la sua candidata di Caen, Ludivine Daoudi, abbia dovuto rinunciare al ballottaggio per una sua foto con il cappello dell'aviazione nazista, Le Pen ha festeggiato in queste ore un altro traguardo: il partito ha raggiunto quota 100mila iscritti, 30mila in più rispetto a febbraio.
Bardella insiste contro l'estremismo dei suoi rivali: «Oggi il vero Fronte repubblicano siamo noi». Marine è convinta che la maggioranza assoluta sia alla portata. «Il governo è già pronto», annuncia. Ma lei ne resterà fuori «per rispetto del ruolo del premier». Sognando l'Eliseo.
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