Aula orfana del Nord: "Ormai è il Parlamento delle Due Sicilie..."

Pienone di centromeridionali alla Camera per la votazione a ranghi ridotti sul Bilancio

Aula orfana del Nord: "Ormai è il Parlamento delle Due Sicilie..."

Adesso che sono costretti ad assentarsi vorrebbero essere presenti. Davvero non ce n'è uno dei 630 deputati, sempre insultati e offesi, che non voglia in queste ore onorare il suo mandato, fare la propria parte o forse anche di più, «e dunque io sto partendo e sono pronto a votare». Alle 10 di mattina, Luca Carabetta, il parlamentare più affidabile del M5s, viene chiamato dal suo capogruppo («Te la senti di partecipare al voto?») malgrado si trovi in Piemonte. Sta salendo a bordo del primo treno da Torino Porta Susa diretto a Roma Termini e mette in conto di rimanerci per molto tempo: «Temo per i miei nonni. Ritornare sarà forse difficile, ma non partire sarebbe come venire meno al proprio compito». Dopo la notizia della positività di Claudio Pedrazzini, lodigiano appartenente al gruppo Misto, quattordici suoi colleghi sono stati invitati a non presentarsi al primo voto da «Una giornata particolare»: solo 350, tutti a distanza di un metro, accompagnati per mano dai commessi. «Come scolari, in fila e ordinati» dice Alessandro Fusacchia, anche lui del Misto, ma che non ha avuto contatti con Pedrazzini. Si è rimesso alle decisioni del suo capogruppo come gli italiani si rimettono nelle mani del governo che può gestire l'emergenza, ma non sostituire la democrazia anche come immagine perché «è vero che si può andare avanti per decreto, ma serve pur sempre il presidio parlamentare» ragiona sempre Fusacchia sicuro che il virus cambierà alla fine anche le istituzioni che vivono di riti e solennità: «Ma quello è già il mondo di ieri...».

A Montecitorio scatta una sorta di «operazione Argo» che significa recuperare dieci onorevoli di buona volontà pronti a prendere il posto di quelli sotto osservazione che «potrebbero presto aumentare. Senza tenere conto del pericolo Senato. I senatori sono spaventatissimi. Hanno fatto tutti il tampone», rivela un leghista che mai avrebbe creduto di finire reietto, pericoloso per geografia. Nessuno poteva immaginare la novità di questo tempo: la repubblica preunitaria, un Transatlantico a trazione meridionale. Per proteggere i deputati del Nord, si è deciso di mobilitare quelli del Centro e del Sud, mai come in questa occasione maggioranza assoluta. «Sembra il parlamento delle Due Sicilie» dichiara Gigi Casciello, salernitano di Forza Italia, un uomo che ne ha superate tante («Ricordo anche il colera») cosciente che Salerno può essere lontanissima da Roma: «Per tutelare i miei affetti sarò costretto a restarci».

Carabetta, che intanto è arrivato, rivendica le sue «chiarissime origini calabresi» che lo mettono al riparo dalle occhiatacce saracene mentre Giovanni Donzelli, il delfino di Giorgia Meloni, avvisa che l'unità del Paese non è in pericolo: «Sta per giungere Andrea Del Mastro di Vercelli». Ma fino a quando sarà possibile esporsi fisicamente? C'è chi ormai non si nasconde, come Stefano Ceccanti, e consiglia di ragionare sul voto per delega che non è più materia distopica ma necessaria. E poi c'è chi propone un tampone collettivo anche se il metodo non convince: «Come si fa con gli asintomatici?». Neppure un bicchiere d'acqua può fare andare giù lo spavento che è naturalmente umano, fragilità da unità nazionale. La buvette è chiusa, solo bottigliette di plastica, e a ogni angolo c'è amuchina di Stato.

Si vota così.

A fatica, il presidente Fico ordina di non fermarsi in aula. E però, chi esita non lo fa tanto per trasgredire, ma per ricordare, scacciare il timore. Qualcuno infatti si commuove riflettendo a quanto è stato speciale, fino a oggi, potersi sedere.

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