Australia, sì al segreto confessionale

Sacerdoti liberi di non rivelare informazioni sui casi di pedofilia

Jacopo Granzotto

Nulla uscirà dal confessionale. Anche in caso di pedofilia. «Sarebbe un'intrusione dello Stato nel dominio del sacro», così si era pronunciata lo scorso novembre la Chiesa cattolica australiana verso la proposta di legge che obbligherebbe i preti a rivelare informazioni su abusi sessuali appresi nel corso della confessione. E la convinzione da parte dei preti australiani è rimasta immutata nel tempo.

Ieri, nel rispondere a una delle 122 raccomandazioni presentate dalla Commissione d'inchiesta sugli abusi dopo cinque anni di indagini sui preti pedofili, la Commissione episcopale australiana e l'ente Catholic Religious Australia hanno comunicato che l'obbligo al segreto della confessione per il momento non cadrà.

Secondo la Chiesa, una tale misura interferirebbe con la libertà religiosa. «Arcivescovi e leader religiosi hanno accettato, in linea di principio, il 98% delle raccomandazioni della commissione, l'unica che non accettiamo è la raccomandazione che rimanda al segreto del sacramento della penitenza», hanno fatto sapere la Conferenza episcopale australiana e l'ente Catholic Religious Australia. La Chiesa cattolica ha risposto alle raccomandazioni formulate lo scorso dicembre dalla Commissione che ha indagato i casi di pedofilia commessi dal clero. La Commissione ha proposto alla Chiesa di scrivere alla Santa Sede per chiedere di emendare il diritto canonico e annullare l'obbligo del celibato, di trattare gli abusi sessuali contro minori come un crimine e di non applicare il segreto della confessione ai casi di pedofilia. Nel presentare la risposta alle raccomandazioni, il presidente della Conferenza episcopale australiana, l'arcivescovo Mark Coleridge e suor Monica Cavanagh, a capo della Catholic Religious Australia, hanno spiegato che togliere il segreto alla confessione sarebbe «contrario alla nostra fede e ostile alla libertà di culto». Entrambi i leader religiosi hanno ribadito la necessità di prendersi cura dei bambini e delle persone vulnerabili, pur mantenendo il segreto del confessionale. Nella sua risposta, la Chiesa cattolica australiana ha, però, ammesso che il diritto canonico andrebbe rivisitato per rendere gli abusi sessuali sui minori un «reato canonico» e non, come ora, un fallimento morale.

Inoltre ha accettato di valutare di scrivere a Papa Francesco per considerare la possibilità del celibato dei preti su base volontaria e non come obbligo. Nella sua indagine, la Commissione governativa ha rilevato che sono state sporte 4500 denunce per presunti abusi sessuali, di cui 1800 nei confronti di religiosi tra il 1980 e il 2015.

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