Autonomia strategica, Macron abbraccia Xi e si sgancia dagli Usa (imbarazzando la Ue)

Il presidente francese di ritorno dalla Cina declina una "terza via" per Bruxelles. Per mantenere buoni legami col Dragone, ma l'Occidente scricchiola

Autonomia strategica, Macron abbraccia Xi e si sgancia dagli Usa (imbarazzando la Ue)

Scendere a patti col Dragone, sganciandosi dalla postura statunitense di antagonismo con Pechino. In nome di «un'autonomia strategica dell'Europa», è questa la posizione di Macron sul volo di ritorno dalla sua tre giorni in Cina. Un viaggio già contraddistinto dalla scelta di scansare accuratamente il tema Taiwan, nel colloquio con Xi Jinping; in cui la Francia è parsa (sin dalla composizione della delegazione) più interessata a stringere accordi economici con Pechino sul nucleare, che non strappare al presidente cinese un impegno per convincere Putin a fermare l'invasione dell'Ucraina.

Usando un linguaggio da influencer, Macron declina una «terza via» di approccio alle crisi geopolitiche. E affida a Les Echos, Politico e France Inter le sue critiche sul posizionamento internazionale dell'Europa: in politica estera - dice - l'Ue deve smetterla di comportarsi da «follower» degli Stati Uniti. Macron parla della necessità di allontanarsi da «crisi che non sono nostre», e dall'Airbus va dritto al punto: «Abbiamo interesse ad accelerare la questione Taiwan?». «No». Risposta tranchant. In un frangente in cui navi e aerei cinesi assediavano l'isola, tanto è bastato per rimescolare le carte di una diplomazia occidentale che già fatica a trovare la quadra per una pace in Ucraina. E che ora, con le parole dell'Eliseo, è ulteriormente nel pallone. Mai prima d'ora, infatti, un leader europeo aveva proposto di spostare la strategia Ue sull'idea di lasciare carta bianca a Pechino nel Pacifico, in nome di quella «autonomia strategica che stiamo costruendo»; avvicinando di fatto le ambizioni di riannessione forzata di Taiwan da parte di Xi e lasciando da soli gli Usa.

Macron ritiene che «se ci sarà un'accelerazione della conflagrazione del duopolio Usa-Cina non avremo il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo vassalli». Purtroppo, in parte lo siamo già, stando alla dipendenza Ue nel settore dei microprocessori. Senza quelli di Taiwan, per esempio, l'Ue spegnerebbe circa il 70% della sua industria dei computer. Ma l'inquilino dell'Eliseo evoca piuttosto il grande rischio che l'Europa «venga coinvolta in crisi che non sono nostre». Secondo Macron, «autonomia strategica significa che abbiamo opinioni simili con gli Usa, ma che, si tratti dell'Ucraina, del rapporto con la Cina o delle sanzioni, non vogliamo entrare in una logica del blocco contro blocco. Al contrario non dobbiamo dipendere da altri, mantenendo una forte integrazione delle nostre catene del valore». Insiste, Macron: «Il paradosso sarebbe seguire la politica americana per una sorta di riflesso di panico. Invece le battaglie da combattere oggi consistono nell'assicurare il finanziamento delle nostre economie»; da quella di guerra, e cioè della difesa europea, al capitolo energetico e tecnologico. E «non dobbiamo dipendere dall'extraterritorialità del dollaro».

Quello che pareva esser un equilibrio consolidato viene stravolto, assecondando invece un vecchio refrain cinese, che da anni punta a sganciare l'Europa dal blocco occidentale.

Le riflessioni di Macron allertano Washington, dove si fa largo un certo sgomento. Il senatore Marco Rubio, ex rivale di Trump nel 2016, ha chiesto agli europei se Macron parli a loro nome, denunciando un ribaltamento diplomatico. «Con il pretesto del realismo, Macron porta solo ambiguità nella sua politica estera, indebolendo la cooperazione con i partner», stigmatizza Antoine Bondaz, docente a Science Po, già nel mirino dell'ambasciata cinese a Parigi per aver denunciato pressioni del Dragone.

L'Eliseo vede l'Ue come «terzo polo». Ma staccare l'Ue dagli Usa scompagina anche gli sforzi di pace su Kiev. «Gli ucraini resistono e noi li aiutiamo, ma il tempo non è per i negoziati», chiosa Macron. L'Ucraina priorità per la Cina? «Forse no», ammette.

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