La bandiera nera dell'Isis è arrivata in Occidente

La tv, il video, internet garantiscono l'efficacia della guerra islamista; ipnotizzano

C'è ormai nel mondo un club invisibile fino al momento in cui il ghiribizzo islamista afferra il cervello, si libera la sotterranea sete di vendetta contro il fantasma di un mondo occidentale persecutorio e dominatore.

Allora a Sydney, a Londra, a Roma, chi pensa di aver sofferto un'ingiustizia da parte del mondo ebraico-cristiano può cercare un'arma e avviare la sua guerra personale. Sventolando, per la prima volta in Occidente, una bandiera nera su cui scrivere «non c'è nessun altro Dio fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta» (la professione di fede propria di tutti i credenti dell'Islam e trasformata in uno slogan politico da Al Qaida). Quel vessillo nero che chiama a raccolta ogni giorno nuovi fanatici sull'onda di Isis, Al Qaida, Jabat al Nusra... insomma, di una delle organizzazioni che ogni giorno ci offrono lo spettacolo in cinemascope del taglio delle teste, dello stupro collettivo delle schiave sessuali, dell'odio etnico, della strage di massa, dell'infanticidio.

La tv, il video, internet garantiscono l'efficacia della guerra islamista; ipnotizzano. Il disgraziato periferico sa adesso a chi rivolgersi per trovare una casa madre. Noi diventiamo così le vittime designate di auto impazzite, sbarre, coltelli, acido, kalashnikov rimediati. Stavolta è toccato a Sydney, un luogo impensabile (gli intervistati per strada dicevano «chi può odiare gli australiani?»), all'affollato Chocolate Cafe Lindt, nel centro, di mattina: il lunatico estremista di turno munito di bandiera nera è costato per ora tre morti innocenti e vari feriti, una piccola folla di avventori e lavoratori del caffè è rimasta prigioniera dalla mattina a notte fonda di un cinquantenne iraniano. Man Haron Monis era un convertito dalla shia alla sunna, evidentemente più adatta al suo desiderio di vendetta immediata: l'anno scorso Monis era stato condannato a 300 ore di servizi comunitari per aver inviato lettere di insulti e minacce alle famiglie dei soldati uccisi in Afghanistan; era chiamato Sceicco Haron, si definiva un «guaritore spirituale», era stato condannato per violenze sessuali. Mescolava le pulsioni violente all'odio ideologico che riempie il suo website di sanguinose immagini di bambini ritenuti vittime degli attacchi aerei americani e australiani.

Alla sua schiera appartengono tutti i terroristi self made decisi a distruggere la società occidentale, eccitati dalle bandiere nere, certi che il califfato conquisterà il mondo.

Era così, per esempio, il terrorista del Parlamento canadese, Michel Zehaf-Bibeau, un convertito con un passato di droga, e altri a Londra, in Francia, che chiamiamo «lupi solitari» ma sono ormai parte di un esercito che spia i bar, le istituzioni, le scuole, gli aerei facendone cenere nella loro mente malata.

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