Ci sono giornate di pioggia in cui il corridoio di casa diventa un campo di calcio. Ci vuole un po' di fantasia perché è corto e stretto. Ma alle mie bimbe, la fantasia certo non manca. E così, preso il pallone, capita che per ingannare un pomeriggio d'inverno, buio e freddo fuori, improvvisiamo una partita. Le porte alle estremità e noi tre, nel mezzo, a inseguire la sfera. Unica regola: niente tiri alti, altrimenti si rischia di tirare giù i quadri e farsi male coi vetri rotti. Talvolta la partita va avanti per un'ora buona, finché le mie figlie, congestionate, non si stufano e si interessano ad altri giochi.
Il calcio, nell'assurda visione di Laura Boldrini, potrebbe essere un gioco giusto da proporre a una bambina perché va a colmare il gender gap coi coetani maschi. Nella mia visione, che è molto più basica, due tiri al pallone sono l'occasione per sfogarsi, divertirsi e stare insieme. Sempre nella mia visione lontana dalle ideologie non esistono giochi da maschio o da femmina. Due tiri a un Super Tele sgonfio diventano l'occasione per tenere insieme mia figlia più grande, che di anni ne ha quasi otto, e la secondogenita, che invece ha quattro anni in meno. È quasi impossibile metterle d'accordo. Il calcio, come qualsiasi altro gioco, può avere obiettivi interessanti (oltre, ovviamente, quello principe di sfiancarle per non arrivare a sera con la cantilena "Ma io non ho sonno"). Non fare falli, per esempio. Giocare correttamente. Passare la palla. E così via.
Nelle scorse ore la Boldrini ha detto che "c'è un lavoro enorme da fare" per "cambiare la cultura" del nostro Paese. "Bisogna iniziare nelle scuole a cambiare - ha detto - a non dare alle bambine le pentoline e le Barbie ma a farle sognare in grande". Io, però, non mi sento di sbagliare né se le faccio giocare a calcio né se, aperta la mega villa di Malibu, ci mettiamo in cameretta con Barbie, Skipper, Stacie e Chelsea. Ken non lo vuole mai nessuno e quindi, immancabilmente, tocca a me. Il gioco prende una piega diversa a seconda della giornata: a volte la famiglia Roberts va a scuola, altre in vacanza, altre ancora organizza una festa in giardino. Cosa c'è di sbagliato in questo gioco lo sa soltanto la Boldrini. Che, tra l'altro, è probabilmente rimasta indietro coi tempi. Se c'è, infatti, una bambola che si è completamente inginocchiata al politicamente corretto, ebbene quella è proprio Barbie. Basta sfogliare il catalogo per capirlo: troviamo la Barbie in carrozzina, la Barbie curvy (a cui a fatica entrano i vestiti di tutte le altre) e persino la Barbie trans dedicata a Laverne Cox (l'attrice statunitense transgender di Orange is the new black).
Per "farle sognare in grande", nell'immaginario della Boldrini, le bambine dovrebbero usare il meccano e le astronavi. Nulla in contrario. Anche i Lego e i libri su avventure fantastiche (la grande, per esempio, adora Harry Potter). Ma, non per tornare a difendere l'universo Barbie, l'ex presidente (pardon presidenta) della Camera lo sa che ce n'è una dedicata a Samantha Cristoforetti? O che nei negozi di giochi è possibile trovarla anche in versione esploratrice, dottoressa, veterinaria o nei panni di qualsiasi professione immaginabile? Non c'è più solo la Barbie wasp e ricca di Malibu. Per chi la preferisce c'è pure quella newyorchese: vive a Brooklyn ed è di colore, ça va sans dire.
Anche la propaganda sui pentolini lascia il tempo che trova.
A casa, dietro i fornelli, le mie bimbe vedono sia me sia mia moglie (a lavare i piatti quasi soltanto me, se vogliamo dirla tutta). Cucinare è dare sapore alla vita, curarsi della famiglia, dare vita alla casa. E fare una torta tutti insieme, a mio modestissimo parere, non è una cultura da cambiare ma da tornare a insegnare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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