Altro che aiuti all'Italia, in Europa c'è chi è pronto a pagare le Ong per continuare a operare indisturbate nelle acque del Mediterraneo: senza preoccuparsi di rispondere della bandiera che battono le navi, e senza invitare al rispetto delle procedure per evitare il caos a terra. Nel caso tedesco, reso noto dalla Bild, la questione è politica. E ci sarebbe pure una «questione di famiglia» dietro il finanziamento approvato dalla Commissione Bilancio del Bundestag: 2 milioni di euro all'anno stanziati fino al 2026 (in totale 8 milioni) da versare a United4Rescue, che nella primavera 2023 farà salpare la nuova nave Sea-Watch 5. Un inedito, per un Parlamento Ue.
Se a Roma si lavora quindi a regolamentare una indiscriminata ricerca di migranti in mare da parte delle Ong, e a evitare sbarchi a orologeria non coordinati con le capitanerie, a Berlino la già vicepresidente del Bundestag, Katrin Göring-Eckardt, si dice «molto contenta» che «sia stato possibile» sostenere la United4Rescue con il «bilancio federale». Guarda caso è una delle leader dei Verdi, oltreché membro del Sinodo della Chiesa evangelica di Germania, ed è soprattutto partner di Thies Gundlach, patron della stessa United4Rescue. Oltre alle accuse di conflitto d'interessi, piovute in Germania, c'è l'ennesima prova di ciò che ha sostenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, e cioè che spesso dietro le decisioni di foraggiare le Ong c'è una sfida politica mascherata da aiuto umanitario. Il varo della nuova Sea-Watch 5 «sta inviando un chiaro segnale contro il fascismo, contro la politica di isolamento dell'Europa», ha spiegato una portavoce dell'organizzazione tedesca appena pochi giorni fa. Dura dire oggi che certe Ong non fanno politica. La risoluzione del Bundestag va infatti nel senso opposto alla sfida lanciata da Roma: si paga l'Ong, per favorire di fatto «l'invasione».
Al quotidiano tedesco, i Verdi hanno menzionato l'accordo di coalizione che prevede «l'obbligo legale di non lasciare annegare le persone», sottolineando di non aver partecipato alla decisione. Ma nei fatti la sinistra ecologista di Berlino prepara un nuovo anno di «salvataggi». La Bild precisa infatti che si tratta della «prima volta che il salvataggio privato in mare dei rifugiati nel Mediterraneo riceve un finanziamento statale». E guarda caso a capo della diplomazia di Berlino c'è una leader Verde (Annalena Baerbock), che ha gioito del generoso finanziamento. A Roma il ministro dell'Interno Piantedosi ha invece ricordato le basi giuridiche per l'individuazione di un place of safety (di cui Berlino si disinteressa quasi sempre) e di come le interlocuzioni con le autorità tedesche non siano finora andate a buon fine, nonostante la bandiera battente di una delle navi sbarcate nei giorni scorsi. A Montecitorio, la cautela richiesta dal momento delicato in sede Ue fa tenere un profilo basso, sulla notizia del finanziamento tedesco. Si punta a una soluzione all'anarchia marittima.
La presidente della Commissione Esteri del Senato, Stefania Craxi, ribadisce il punto: «Abbiamo posto una questione politica, il nodo da sciogliere riguarda le Ong, capire se mettono in essere salvataggi o accordi con i trafficanti di esseri umani che spostano le persone dai loro barconi alle navi - spiega al Giornale - l'Italia non può essere l'unico punto di approdo delle Ong». La Germania fa partire invece fiumi di denaro pubblico per far salpare navi di cui poi puntualmente si dimentica. L'ennesima sfida nascosta sotto il mantello dell'umanitarismo.
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