«Troppe» cause sulle stragi naziste, e Berlino porta l'Italia in tribunale. Sede del giudizio: la Corte internazionale di giustizia, che ha reso nota l'apertura della vertenza attivata del governo tedesco. Obiettivo di Berlino è fermare le nuove richieste di risarcimento danni che dal nostro Paese continuano a chiamare in causa la Germania.
La Corte di giustizia, va precisato, non ha niente a che vedere col Tribunale penale internazionale - anch'esso dell'Aia - di cui si parla in questi giorni. La Corte infatti è incaricata di dirimere le controversie fra Paesi aderenti all'Onu e in questo caso la vertenza riguarda gli eccidi perpetrati nel corso dell'occupazione tedesca della Penisola durante la Seconda guerra mondiale. La soluzione del caso, però, potrebbe avere in futuro ripercussioni anche su fattispecie simili, per esempio per le devastazioni compiute dall'esercito russo in Ucraina.
La questione fra Italia e Germania è spinosa, anche dal punto di vista giuridico. Le richieste che arrivano dal nostro Paese sono fondate sul codice civile: riguardano l'«indennizzo» dei danni provocati a cittadini italiani da condotte illecite o criminose eseguite da «organi» o autorità dell'allora Stato tedesco. Berlino ribatte: sostiene che Roma non dovrebbe continuare a permettere alle vittime - o ai parenti - di chiedere risarcimenti allo Stato tedesco, o meglio contesta che Roma continui a farlo anche dopo una precedente sentenza della Corte secondo cui tali richieste violano «il diritto internazionale».
Questo «diritto» a cui la Germania si appella consiste nel principio della «immunità funzionale» dello Stato, che è riconosciuto, anche se con limiti e paletti ben precisi. Il principio, consuetudinario e poi recepito nella dottrina e nella giurisprudenza, vuole che siano sottratti alla giurisdizione di uno Stato estero gli atti eseguiti dagli individui-organi di un altro Stato nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche. I limiti però ci sono, e riguarderebbero proprio le condotte criminali commesse sul territorio altrui. E in Italia, i giudici con la loro interpretazione hanno allargato le maglie. Ne è sorta una prima sentenza della Corte e la questione è stata poi regolata con legge italiana e infine con una sentenza della Consulta.
Nel suo ricorso, la Germania ricorda proprio che la Corte dell'Aia nel 2012 si è pronunciata, eppure «i tribunali italiani hanno accolto un numero significativo di nuove richieste contro la Germania». La successiva sentenza della Consulta, nel 2014, avrebbe infatti riconosciuto «l'obbligo» del giudice italiano di conformarsi al verdetto internazionale, ma avrebbe anche sottoposto quest'obbligo alla tutela dei «diritti fondamentali» del diritto costituzionale italiano, per consentire alle vittime dei crimini di presentare ricorsi individuali contro gli Stati.
Almeno 25 nuove cause sono state quindi intentate contro la Germania davanti ai tribunali italiani e in almeno 15 casi i nostri giudici avrebbero «inoltrato» richieste di risarcimento contro la Germania in relazione alla condotta del «Reich» durante la guerra.
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