Berlusconi non chiude al Pd ed è pronto a ricandidarsi

Il leader di Forza Italia: "Se gli italiani non daranno più del 50% a un solo polo sarà inevitabile accordarsi"

Berlusconi non chiude al Pd ed è pronto a ricandidarsi

Roma - Berlusconi non molla, rilancia, spera in una ricandidatura dopo la sentenza di Strasburgo, punta alla vittoria del centrodestra ma non esclude di collaborare con il Pd. Sulla legge elettorale sposa la linea Mattarella e ammette che aver a che fare con la Lega di Bossi era più facile rispetto a quella di Salvini.

In un'intervista al Corriere della Sera il Cavaliere dà la linea e manda un messaggio agli eurogiudici che dovrebbero riabilitarlo: «Non è in gioco solo il destino di un cittadino europeo ma la democrazia di un grande Paese - dice -. Mi auguro che i giudici di Strasburgo abbiano la sensibilità di tenerne conto nella tempistica della valutazione di una vicenda giudiziaria che attende già da troppo tempo. Ma sono ottimista e credo nella giustizia». Ergo, l'ex premier è pronto alla ricandidatura. Certo, Berlusconi vorrebbe «il voto nel più breve tempo possibile» ma non ha fretta. Anche perché prima c'è da fare la legge elettorale. Sul punto la pensa come il capo dello Stato: «Bisogna andare al voto con un sistema ordinato e razionale. E questo richiede tempi tecnici. Aspettiamo che la Corte costituzionale si esprima: indicherà criteri dei quali dovremo tenere conto».

Se si dovesse trovare la quadra su un sistema proporzionale, ovviamente, il patto di ferro con la Lega potrebbe saltare e Berlusconi non rinuncia a parlare anche dell'alleato. Ammette di auspicare «un accordo con gli alleati storici anche a livello nazionale ma questo non può significare lo stravolgimento del nostro ruolo politico. La Lega fa benissimo a esprimere ragioni e contenuti importanti e rispettabili ma noi siamo liberali, cattolici, riformatori». Non solo: «Non nego che con la Lega di Bossi questo fosse più facile perché allora nella Lega prevalevano liberismo e federalismo. Credo nell'unità del centrodestra ma l'unità è un valore se si basa su un progetto comune, non su un semplice tecnicismo elettorale».

Ed ecco in arrivo l'obiezione di voler l'inciucio con il Pd. Il Cavaliere spiega meglio i propri piani: «Quando chiedo il proporzionale non lo chiedo affatto per fare le larghe intese. Voglio vincere le prossime elezioni con il centrodestra. Dico però che l'Italia è troppo fragile per permettersi governi espressione di una minoranza di elettori. E se gli italiani non daranno più del 50% a un solo polo, sarà inevitabile accordarsi. Ma la consideriamo una soluzione residuale». Anche perché, ad oggi, incombe sempre l'incubo Grillo. «Se vincesse lui sarebbe una iattura per il Paese - ammette l'ex premier -. Ma non accadrà. Gli italiani hanno sempre dimostrato grande buon senso».

Naturalmente l'intervista, specie nella parte in cui non esclude una possibile collaborazione con il Pd, allarga il fossato già ampio con Salvini che si limita a commentare gelido: «Renzi e Berlusconi non escludono accordi e intanto votano il salva-banche. Voto subito». Stessa linea di Giorgia Meloni: «Speriamo che Berlusconi smetta di rincorrere Renzi e scenda in piazza con noi il 28 gennaio per dire che siamo alternativi al Pd». Nel dibattito interviene anche Angelino Alfano che ammette: «Renzi si muove in una logica chiara in riferimento all'alleanza con Forza Italia.

Evitarla se possibile, farla se necessario». E ancora: «È evidente che Berlusconi si prepara a governare con il Pd nella prossima legislatura. Il che dimostra che io non sono stato un traditore ma semplicemente ho capito prima».

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