Bibi e il pugno di ferro per sradicare Hamas. "Entreremo nella Striscia"

La guerra sarà lunga e costerà molte vite. L'obiettivo è controllare Gaza per consegnarla all'Anp. Il bluff palestinese: "Obiettivi raggiunti, pronti alla tregua"

Bibi e il pugno di ferro per sradicare Hamas. "Entreremo nella Striscia"
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I carri armati e i blindati di Tsahal sono già attorno a Gaza. Ma Israele ha davanti un conflitto lungo e sanguinoso. E ben peggiore di quello combattuto nel 2005 dagli americani a Falluja, la città irachena covo di Al Qaida. Il paragone più calzante per quanto riguarda la dimensione non solo strategica, ma anche ideale del conflitto è quello dell'11 settembre. Per vincere quella sfida Washington dovette strappare l'Afghanistan ai talebani e insediarvi un nuovo governo. Per sanare il trauma di un popolo che si è sentito abbandonato dal proprio esercito, Israele non può limitarsi a un semplice raid su Gaza. E tantomeno pensare di tornare a vivere a fianco di Hamas, delle sue istituzioni e dei suoi militanti. Deve per forza rioccupare la Striscia, ripulirla da Hamas e restituirla al controllo all'Autorità Palestinese o di un altro simulacro di governo. Non a caso Netanyahu ha già promesso che la sua guerra «cambierà il Medio Oriente». La guerra di Bibi è, però, più complessa di quella affrontata da Bush nel 2001. Allora la Casa Bianca contava su una nazione ferita, ma coesa. Bibi ha alle spalle un Paese lacerato pronto a fargli pesare ogni passo falso. Evitarli non sarà facile. Anche perché il nemico conta su più di cento ostaggi da usare come scudi umani o come strumento di ricatto. E può avvalersi delle più spregiudicate tecniche di comunicazione del terrore jihadista. Nelle sue mani quei cento e passa prigionieri diventano una speda di Damocle pronta a inceppare le strategie di Tsahal. Immaginiamo degli ostaggi con indosso dei giubbotti esplosivi disseminati nelle zone colpite da Israele. Quanto basta per far tentennare un'opinione pubblica che non rinuncia mai a riportare a casa i propri cittadini. E lo dimostra il precedente di Gilad Shalit, il soldato ostaggio riportato a casa, nel 2011, al prezzo di 1027 prigionieri di Hamas. Ma ancor più devastante sarebbe l'esecuzione di uno o più ostaggi amplificata dalla diffusione dei loro ultimi messaggi e dei comunicati dell'organizzazione. Proprio per la sensibilità della questione, una delle prime mosse di Netanyahu è stata la nomina di un nuovo coordinatore per i prigionieri di guerra. Una scelta caduta non caso su Gal Hirsch, un generale di brigata della riserva fedelissimo del premier, ospite fisso in tv. Ma basterà un generale fidato e bravo a comunicare a disinnescare la bomba ostaggi? Molti ne dubitano. Anche perché Israele non ha mai avuto un simile numero di cittadini alla mercé del nemico. Un frangente in cui qualsiasi mossa sbagliata può distruggere il morale dei civili o dei soldati. O di entrambi. Anche perché i riservisti sono l'anima di un esercito di popolo che necessita in casi come questi di un numero cospicuo di combattenti. Ripulire Gaza sarà una missione tutt'altro che indolore. La Striscia, un formicaio con la più alta densità di popolazione del globo (5.500 abitanti per chilometro quadrato) è un labirinto di cemento e desolazione dove i blindati si muovono a passo d'uomo e i militari sono costantemente sotto il tiro dei cecchini. Ma il vero regno di Hamas sono le centinaia di chilometri di tunnel costruiti in un sottosuolo dove ogni passo cela un'insidia, anche se in serata un alto funzionario spiega: «Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi. Siamo disponibili a discussioni su una possibile tregua». Ma non si deve dimenticare che «in caudam venenum» ovvero che il veleno sta nella coda o, meglio, nell'epilogo. Anche riuscendo a far piazza pulita di Hamas Israele non potrà ritirarsi senza aver consegnata la Striscia a un governo alternativo.

La delegittimata Autorità Palestinese rischia, però, di replicare in tempi ancor più brevi quel fallimento afghano che in 10 anni ha riconsegnato Kabul ai talebani. Per questo l'epilogo della guerra di Gaza rischia di rivelarsi un'incognita senza fine.

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