È scontro negli Usa sull'impeachment di Joe Biden, dopo che i repubblicani hanno annunciato l'apertura di un'indagine formale per la messa in stato di accusa del presidente americano, in relazione a presunte complicità con gli affari esteri del figlio Hunter. La Casa Bianca è pronta a dare battaglia al Congresso e intanto ha messo in guardia i media inviando una lettera ai dirigenti dei principali network Usa (tra cui Cnn, Nyt, Fox News, Ap, Cbs) per esortarli «a intensificare il controllo sui repubblicani della Camera», dopo che lo speaker Kevin McCarthy ha avviato un'indagine di impeachment «basata su delle menzogne».
«Quando anche i membri repubblicani della Camera ammettono che semplicemente non ci sono prove che il presidente abbia fatto qualcosa di sbagliato, tanto meno degno di impeachment, ciò dovrebbe far scattare un campanello d'allarme per le testate giornalistiche», si legge nella nota firmata da Ian Sams, portavoce dell'ufficio legale di Pennsylvania Avenue, che chiede ai media di essere più lucidi. Sams ha anche inviato un'appendice di 14 pagine che confuta sette affermazioni del Grand Old Party e definisce l'indagine «tutta politica e senza alcuna prova».
Intanto, emerge che la regia della mossa di McCarthy è di Donald Trump: è stato lui a fare pressioni dietro le quinte per spingere i repubblicani a procedere. Politico ha svelato alcuni incontri recenti del tycoon con la terza carica Gop alla Camera Elise Stefanik, sua fedele alleata e potenziale candidata come vice nel ticket per Usa 2024. I due hanno parlato anche dopo che McCarthy ha annunciato l'avvio dell'indagine formale. Sempre secondo Politico, il comandante in capo ha in mano un asso, già usato proprio dal suo predecessore, per costringere la Camera a votare prima di avviare l'indagine contro di lui. Nel gennaio 2020, il dipartimento di Giustizia dell'amministrazione Trump dichiarò formalmente che le inchieste per la messa in stato di accusa non sono valide, a meno che la Camera non le autorizzi formalmente con un voto (opinione legale che arrivò in risposta alla decisione dell'allora speaker dem Nancy Pelosi di avviare un'indagine su Trump senza prima una votazione). Allo stesso tempo, tuttavia, un brutto colpo per Biden arriva dal suo editorialista preferito, David Ignatius, che sulle colonne Washington Post scrive: «Non penso che lui e Kamala Harris dovrebbero ricandidarsi. È doloroso da dire vista l'ammirazione che ho per quanto hanno fatto, ma se fanno campagna insieme ritengo che Biden rischi di mandare all'aria il suo migliore risultato, aver battuto Trump». Se il presidente si ritirasse, a suo parere, «sarebbe una scelta saggia per il Paese»: pur lodandolo per i risultati, crede che ci siano due problemi, da un lato l'età e dall'altro il fatto che l'anzianità aumenta l'attenzione su Harris, che non è riuscita a farsi apprezzare né dal Paese né dal partito.
Non mancano le grane neppure per Trump, con la seconda causa - in Minnesota, dopo il Colorado - per escluderlo
dalle liste elettorali sulla base del 14mo emendamento, che vieta di ricoprire cariche pubbliche a qualsiasi funzionario americano coinvolto «in un'insurrezione o ribellione», come quella del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill.
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