A bordo del "Caio Duilio". Già scortati 20 mercantili bersaglio di missili e droni. "Fronteggiamo gli Houthi"

Il reporter del "Giornale" sul cacciatorpediniere che guida la missione europea a difesa delle rotte commerciali del Mar Rosso minacciate dei ribelli filo-Iran Il comandante: "Allerta massima"

A bordo del "Caio Duilio". Già scortati 20 mercantili bersaglio di missili e droni. "Fronteggiamo gli Houthi"

Il rendez-vous è fissato alle 2 Zulu in una notte di mezza luna nel Mar Rosso. Il cacciatorpediniere, Caio Duilio, naviga a tutta velocità verso nord. L'obiettivo è garantire la protezione ravvicinata a un convoglio di tre navi mercantili lungo la «zona rossa», ad alto rischio, per la minaccia di droni e missili che gli Houti lanciano dallo Yemen.

Fino ad oggi i miliziani filo iraniani, in guerra con Israele per l'invasione di Gaza, hanno attaccato 73 mercantili.

La mattina dopo, con il mare increspato dalle onde e dal vento, spicca la grande nave italiana, bianca e gialla, della Grimaldi lines, che apre il convoglio, a poche centinaia di metri a dritta del Duilio, ammiraglia della missione europea Aspides (scudo) in difesa della libertà di navigazione. «Durante la protezione dei convogli l'allerta è massima. Siamo pronti a fronteggiare la minaccia» spiega in plancia il comandate del Duilio, Andrea Quondamatteo di San Benedetto del Tronto. Dall'inizio dell'operazione nave Duilio ha abbattuto tre droni degli Houthi e fornito protezione a 20 mercantili.

Il capitano di vascello sembra non dormire mai, sempre attivo e presente su una nave con 230 uomini e donne a bordo. A fianco di una mitragliatrice MG, sull'aletta di dritta della plancia, scatta sull'attenti al saluto con un fischio prolungato alla Grande New Jersey la nave italiana, per trasporto veicoli, che risponde allo stesso modo.

Trenta ore di tensione e allerta per scortare il convoglio oltre lo stretto di Bab el Mandeb, appena 18 miglia di mare fra la penisola arabica e l'Africa, punto privilegiato per le «imboscate» degli Houthi. Oltre le sagome delle torrette grigie con la canna nera dei due cannoni Oto Melara sotto la plancia si intravedono, troppo vicine, le montagne dello Yemen utilizzate come postazioni per bersagliare il traffico marittimo. Nel budello obbligato spunta come monito dalle onde la prua del relitto di nave Rubymar affondata dagli Houthi.

I «leoni» del 2° reggimento della brigata San Marco vigilano con il dito sul grilletto delle mitragliatrici pesanti dietro una mini postazione con i sacchetti di sabbia. «Siamo a bordo per incrementare l'autodifesa del Duilio e contrastare minacce asimmetriche come barchini veloci che potrebbero puntare contro di noi» sostiene il sottocapo scelto Ernesto D'Antonio. In mimetica, tenuta da combattimento e ben armati, gli uomini del San Marco sono presenti, giorno e notte, anche in plancia, dove non mancano continue segnalazioni di «bersagli», come vengono chiamati in gergo le possibili minacce. Nella categoria finiscono pure gli skiff, piccoli barchini oppure i dhow, pescherecci non solo yemeniti, che si incrociano spesso. «Oltre all'attività di pesca potrebbero riportare informazioni a chi vuole nuocere al traffico mercantile nell'area, in questo caso gli Houthi» spiega il comandante Quondamatteo. Basta un telefono satellitare Thuraya nascosto fra le reti per segnalare il passaggio di convogli e navi militari indicando la posizione.

Il sottotenente di vascello Giorgia Dadalt è una ragazza del '99, che arriva da Vittorio Veneto, terra di alpini, e ha vissuto il suo battesimo del fuoco. «Quando l'ultimo drone si è avvicinato a bassa quota (il 12 marzo nda) ero di guardia - racconta -. Dopo le 3 di notte ci hanno allertato: Bersaglio sconosciuto in avvicinamento. Investigare, investigare, investigare». Il velivolo senza pilota lanciato dagli Houthi, probabilmente zeppo di esplosivo, è stato incenerito da uno dei cannoni Oto Melara, che riceve le coordinate del bersaglio dalla Centrale operativa di combattimento. La tecnologia aiuta, ma nel vano caricamento sotto coperta, una santabarbara con decine di grossi proiettili allineati da 76 millimetri, c'era il secondo capo Davide Criniti a garantire che tutto funzionasse per il verso giusto. «Una volta che il sistema è attivato - spiega il sottufficiale di poche, ma efficaci parole, indicando un pannello pieno di tasti luminosi - ho comunicato cannone pronto al fuoco» con una pesante e metallica cornetta grigia simile a un telefono. E il comandante ha dato l'ordine di abbattere la minaccia.

Il cuore pulsante della nave è la Centrale operativa di combattimento, una stanza «blindata» dove domina la luce tattica rossa. Gli specialisti sono circondati da computer con cartografie in tempo reale che indicano le posizioni delle navi nello scacchiere. I modelli di droni Houthi campeggiano su uno schermo più grande. Una sezione è dedicata alla guerra elettronica. Più in là c'è la stanza dello staff compreso personale delle nazioni europee che partecipano alla missione Aspides. Il comando strategico è nella base greca di Larissa, ma quello tattico e operativo, spetta al contrammiraglio Stefano Costantino. Nel Mar Rosso coordina altre tre navi: l'Hessen tedesca, l'Alsace francese, l'Hydra greca. «Oltre ai droni la minaccia potenziale è sia di missili da crociera che balistici con una gittata da 100 chilometri a 1000 - spiega il contrammiraglio -.

Il traffico attraverso Bab el Mandeb è diminuito da 43 navi cargo al giorno a 17 e le petroliere da 26 a 9, ma adesso, con la nostra presenza, garantiamo protezione e rassicuriamo gli armatori».

Sulla prua del Duilio quattro file di portelli metallici bianchi indicano i silos dei missili Aster 15 e 30 pronti al lancio in caso di attacco.

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