La bufera che ha investito Fiat si allarga e si estende in Europa. Ora è il turno della Francia, che ha aperto un'inchiesta sulla produzione di Renault con l'obiettivo di fare chiarezza su presunte «falsificazioni sulla qualità sostanziale e i controlli effettuati che hanno reso la commercializzazione delle auto pericolosa per la salute dell'uomo e degli animali». Dopo quanto accaduto nel corso del 2016 era logico aspettarsi un'offensiva sollecitata con forza da Volkswagen, sostenuta dal potente governo tedesco, che non accettava il ruolo di capro espiatorio del primo Dieselgate. Hanno accusato praticamente i concorrenti, su tutti i mercati, da Psa a Opel, e ora si vedono i risultati.
Sergio Marchionne se lo aspettava, lo testimonia una sua espressione colorita nel corso di una riunione con alcuni azionisti di Fca: «Aspettiamoci un siluro dai tedeschi». Siluro che è arrivato sotto forma della contestazione, ancora tutta da confermare, arrivata dall'Us Epa, l'agenzia americana per l'ambiente. Quello di ieri è l'effetto di una guerra latente sotto i sorrisi di circostanza di primi ministri e cancellieri, esploso dopo il 18 settembre 2015, quando la Germania ha mostrato al mondo di non essere un Paese di primi della classe rispettosi delle regole.
Colti con le mani nella marmellata, industriali e politici hanno cercato di coinvolgere nello scandalo anche altre Case, e quale miglior vittima di quei cialtroni di italiani ci potrebbe essere? Che il tema fosse delicato era evidente, l'accettazione di limiti di emissioni sempre più severi ha portato tutti all'uso di soluzioni al limite o oltre la soglia del lecito, e Vw ha scelto lo stratagemma più evoluto per imporre le auto a gasolio un Continente che da sempre odia i diesel. Che ammette alte emissioni di Co2 dai motori a benzina, ma non transige sugli ossidi d'azoto dei Tdi. Se la normativa europea prevede 0,08 g/km di NOx (erano 0,18 con la Euro 5) gli americani tollerano 0,07 grammi per miglio (quindi circa 0,04 per km), e il calcolo è ancora più severo in California.
Il primo inquisitore è il ministro dei Trasporti Alexander Dobrindt, che accusa il Gruppo Fiat di non avere fornito documentazioni alla commissione di indagine relative all'omologazione della 500 X. Arrivando a dichiarare a maggio 2016: «Se Fca continuerà a opporsi al controllo dei valori delle emissioni, non escludo di proibirne la vendita in Germania».
Ora l'annuncio di irregolarità ancora da confermare su modelli che, a differenza di quelli Vw sono specifici per l'America, ha fatto esplodere la gioia dei nostri eterni alleati/rivali.
Se Bosch, l'industria tedesca che fornisce le centraline per i V6 incriminati non rilascia comunicazioni, la stampa esulta.Il quotidiano Bild taglia corto e assimila il caso Fca al Dieselgate Volkswagen, mentre in realtà le irregolarità ancora da confermare sono comunque diverse, e chiude con le parole di Dobrindt: «Lo avevo detto io...».
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