Hanno scandalizzato il Brasile le immagini scattate a Rio dal premiato fotoreporter Domingos Peixoto. Negli scatti si vede un gruppo di indigenti rovistare in modo disperato alla ricerca di pezzo di carne commestibile nel retro di un camion che trasportava frattaglie e ossa scartate da una fabbrica che produce cibo per animali e sapone. Fotografie strazianti, che hanno messo a nudo l'emergenza fame che oramai da oltre un anno affligge la nazione più popolosa dell'America Latina.
In Brasile sono moltissime le persone sprofondate nel tunnel della fame da quando è iniziata la pandemia di coronavirus, un anno e mezzo fa. Il Covid-19 ha decurtato il potere di acquisto delle classi D ed E, le più misere, a causa della chiusura di molte piccole e medie imprese e ha bruciato milioni di posti di lavoro a medio/basso reddito. Ma, soprattutto, con la pandemia c'è stato un preoccupante aumento dell'inflazione, oggi intorno al 10% con picchi del 60% per riso, fagioli e carne, gli elementi base della dieta verde-oro. Inflazione che colpisce più pesantemente i poveri, soprattutto chi percepisce uno stipendio minimo, al tasso di oggi equivalente a 187 euro in un paese dove il costo della vita è appena poco inferiore a quello italiano.
«Certi giorni ho voglia di piangere», spiega l'autista del camion, José Divino Santos al giornalista Rafael Nascimento de Souza, che stava facendo un reportage con Peixoto per il quotidiano carioca Extra. «Prima della pandemia le persone chiedevano pezzi di ossa per i loro cani. Adesso invece cercano disperate le ossa e gli scarti per mangiare loro e fare zuppe per nutrire i loro figli», racconta Santos che, come volontario, ogni settimana distribuisce gli avanzi che riesce a raccogliere nei supermercati tra i tanti bisognosi di Rio.
Le immagini, una delle quali apparsa in prima pagina di Extra con il titolo «Brasile 2021: il dolore della fame», hanno aperto una discussione parlamentare e hanno suscitato sdegno in tutto il Brasile, un paese dove si stima che oggi ci siano almeno 19 milioni di persone che soffrono la fame. Certo, meno del 10% della popolazione totale e, dunque, nulla rispetto al 75% di «morti di fame» del Venezuela, secondo i dati resi noti qualche giorno fa dall'Università Cattolica Andrés Bello di Caracas. Ma moltissimi per un paese che, da solo, sarebbe in grado di produrre alimenti per oltre un miliardo di persone. «Secondo una recente ricerca della Fondazione Getulio Vargas, il numero dei brasiliani che vivono sotto la soglia della povertà è triplicato negli ultimi anni», spiega l'ex segretario Generale della Fao, José Graziano, che proprio per cercare di aiutare chi non riesce a mangiare ha lanciato quest'anno l'Istituto Fame Zero, che attiva progetti per i più carenti dal punto di vista calorico. «La fame di oggi non è come quella del passato - precisa Graziano - C'è cibo in abbondanza, addirittura lo si getta. Eppure in tanti in Brasile fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. La carne è sparita dalla tavola perché troppo cara, i poveri adesso mangiano uova come proteina animale principale». E rovistano tra i rifiuti. A fare arrabbiare la gente è proprio l'aumento dei prezzi degli alimenti e del gas da cucina (+70% nell'ultimo anno).
Non a caso, gli slogan più ricorrenti tra i manifestanti che hanno marciato l'altroieri per le strade di 160 città brasiliane contro il presidente Jair Bolsonaro, erano proprio contro il «caro prezzi», oltre che per denunciare i quasi 600mila morti da Covid-19.
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