Caccia al tesoro Agnelli: dieci fiduciarie ai raggi X

Contratti e scritture nel mirino. I legali di Elkann: "Da 20 anni Margherita contro i figli". La replica: "Falso"

Caccia al tesoro Agnelli: dieci fiduciarie ai raggi X
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Sono le fiduciarie e gli studi dei professionisti i veri custodi dei segreti e forse anche dei «beni» dell'eredità Agnelli. Ecco perché i pm sono andati a cercare documenti alla Simon fiduciaria, che ha incorporato la Nomen fiduciaria, e dal 2015 è sottoposta al controllo della banca privata Ersel. E poi alla P Fiduciaria, la sede legale italiana della banca svizzera Pictet &Cie, alla Gabriel Fiduciaria e la Sofegi Fiduciaria, queste ultime due riconducibili - secondo i pm - all'avvocato Franzo Grande Stevens, storico consulente di Gianni Agnelli. Oltre, ovviamente, ai collaboratori della famiglia e a due governanti-segretarie, al servizio prima di Marella e poi di John, che infatti - già tirate in ballo nell'inchiesta milanese sui quadri spariti dell'eredità - verranno ascoltate al più presto anche dai pm di Torino. In una decina di uffici nella città della Mole, tra cui anche la Fondazione Agnelli, lo studio del commercialista Gianluca Ferrero e la sede della Dicembre, la cassaforte dell'Impero, nei giorni scorsi gli inquirenti sono andati a cercare «i contratti, le scritture, la corrispondenza anche elettronica e ogni altro documento di cui gli indagati», e cioè John Elkann, Gianluca Ferrero e il notaio svizzero Urs Von Gruenigen, ma anche i fratelli Lapo e Ginevra (questi ultimi non indagati) sono stati «fiducianti, titolari effettivi o di cui abbiano avuto la disponibilità per interposta persona». Se il cuore dell'inchiesta resta la presunta frode fiscale da 4 milioni di euro delle dichiarazioni, secondo l'accusa infedeli, per il 2018 e 2019 di Marella Agnelli, sembra che la procura punti più in alto. E cioè a quello che secondo Margherita è l'immenso patrimonio off-store di Gianni Agnelli, che lei stimò con i suoi consulenti in «2,5 miliardi di euro».

Già nel 2009 - come ha fatto spesso notare Gigi Moncalvo, uno dei giornalisti più informati della saga sull'eredità Agnelli - un'inchiesta dei pm di Milano Eugenio Fusco e Gaetano Ruta si era fermata di fronte alla caverna del tesoro per via della mancata collaborazione da parte delle autorità svizzere. È curioso che proprio a questa indagine abbiano fatto riferimento i legali di John Elkann, nella nota di replica alle notizie di questi giorni. Ricorda il team di legali composto da Federico Cecconi, Paolo Siniscalchi e Carlo Re, che Margherita fu «indagata, in concorso con il suo allora avvocato svizzero, per un tentativo di estorsione denunciato dall'avvocato Emanuele Gamna». Ma l'inchiesta fu archiviata, appunto, e anzi i pm milanesi scrivevano negli atti, come riporta l'Ansa dell'epoca, che «la linea di condotta» della banca svizzera che avrebbe ospitato i conti di Giovanni Agnelli, cioè la filiale di Zurigo di Morgan Stanley, era dettata «dalla volontà di occultare denaro che costituiva il provento di appropriazioni indebite in danno di società e soci del gruppo industriale facente capo alla famiglia Agnelli». Fanno intendere i legali che la vicenda si inserisce in una faida familiare dettata anche da ragioni personali, oltre che economiche. Margherita Agnelli, secondo gli avvocati, è una «mamma che perseguita i figli e i genitori» e per loro l'inchiesta si basa su «una violazione fiscale, del tutto insussistente». Alla nota è seguita la replica dell'avvocato Dario Trevisan. Margherita, è la sintesi, vuole «assicurare un equo trattamento a tutti i propri figli (e cioè non solo i tre Elkann, ma anche gli altri 5 figli avuti dal secondo marito Serge de Pahlen, ndr) secondo le norme di legge».

Conclude Trevisan: «Non risulta, inoltre in nessun testamento di Gianni Agnelli che Margerita Agnelli e i suoi discendenti dovessero essere estromessi da quella parte di asse ereditario a lei mai rendicontato, né risulta che Marella Caracciolo si sia mai effettivamente espressa in tal senso». La guerra, che dura da 20 anni, è solo all'inizio.

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