In casa Pd si guarda alla «formula Veltroni» per le prossime elezioni politiche. Ma già si litiga sulla premiership.
Carlo Calenda pone una condizione: il via libera (in caso di vittoria) al Draghi bis. È il presupposto per siglare l'alleanza. Dal Nazareno rimandano al mittente l'ultimatum: «Non è un tema in agenda». Enrico Letta lavora al suo schema: una mini-coalizione tra il listone Pd (che si chiamerà Democratici e Progressisti) e Azione. L'idea riprende il modello sperimentato nel 2008 (con sonora sconfitta e vittoria di Silvio Berlusconi), quando l'allora segretario ruppe l'asse con la sinistra radicale, alleando il Pd solo con l'Italia dei Valori di Antonio di Pietro. Al posto dell'ex magistrato di Mani pulite oggi c'è Carlo Calenda. In sostituzione del Pd veltroniano c'è l'ammucchiata lettiana. Con tutti dentro: dai socialisti ai Verdi. Fino agli agguerriti oppositori del governo Draghi. Nicola Fratoianni, che sarà con Sinistra Italia tra i promotori della lista Democratici e Progressisti, cacciò dal partito la senatrice Loredana De Pretis colpevole di aver votato la fiducia al governo Draghi. Ora si ritrova tra i sostenitori dell'agenda Draghi. É così anche per Angelo Bonelli dei Verdi e Leu con Pierluigi Bersani. Gli anti-draghiani si ritrovano schierati per l'agenda Draghi. Un passaggio decisivo è atteso nella giornata di oggi: Letta riunirà la direzione nazionale e fisserà il perimetro della coalizione. Sul tavolo del Nazareno tre nodi da sciogliere: le deroghe per i parlamentari con tre mandati e lo stop alle candidature di sindaci e consiglieri regionali. Sul tema alleanze i riflettori sono accesi su Calenda. Il leader di Azione ci ragiona: «Letta? Gli vogliamo bene, è una persona seria e siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare».
Emma Bonino conferma la trattativa: «Da 24 ore è finalmente iniziata un'interlocuzione col Pd, che in questi anni ha sempre preferito altri interlocutori». Il dialogo riparte nel giorno in cui la famiglia di Azione accoglie Mariastella Gelmini. Gli altri due ministri (ex Forza Italia) non hanno ancora sciolto la riserva sul proprio futuro. Renato Brunetta dovrebbe trovare posto nel listone lettiano Democratici e Progressisti. L'incognita resta Mara Carfagna, che per ora si limita a un cambio di immagine della copertina social.
Il leader di Azione avrebbe, dunque, abbandonato il progetto della corsa solitaria. Si tratta con Letta sui collegi. Con due paletti: «No a Di Maio e premiership a Draghi». Condizioni che gelano il segretario dem. L'ex capo grillino implora una tregua: «Tutti noi dobbiamo capire che unirci come Paese e nei programmi è un grande valore» chiede Luigi di Maio. Resta, infine, aperto il «dossier Renzi». Ieri Calenda e il leader di Italia Viva si sarebbero visti. Dal Pd fanno sapere: «Ruolo di Renzi? Oggi tema marginale». Il leader Iv è un leone ferito e avverte: «Italia viva è pronta a correre da sola in caso di veti». Chi spezza una lancia in favore di Renzi è il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti: «Misurarsi su quanto c'è da fare ed evitare di ridursi al gioco delle coppie, del chi sta con chi». Ma lo stesso Toti al momento sembrerebbe fuori dai giochi. I sindaci dimaiani sono pronti a confluire nel listone Pd. Il ministro degli Esteri avrebbe chiuso un accordo con Letta e Franceschini: due seggi blindati per lui e il fedelissimo Vincenzo Spadafora. Ma si proverà comunque a fare una lista autonoma con Sala e Pizzarotti. Operazione complicata.
Nel listone dem dovrebbero entrare anche Roberto Speranza ed Enzo Maraio, segretario dei socialisti. Mentre Clemente Mastella, che ieri ha lanciato ufficialmente il progetto politico Noi di Centro, avverte: «Mi auguro che Letta eviti e faccia evitare veti perché, se non farà questo, dopo le elezioni sarà l'ex segretario del Pd. Mi auguro, forte della sua esperienza da democristiano e di grande intelligenza, che eviti e faccia evitare i veti.
Deve mettere dentro sindaci, chiedere ad altri sindaci di trovare personalità di rango che hanno consenso elettorale, altrimenti perdono». Da ieri, oltre Renzi, c'è anche Mastella che bussa alla porta del Nazareno. Ma Letta ha orecchie solo per Calenda, Di Maio e Fratoianni.
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