Califfato, dieci indagati in Italia nel mirino il clan di lady Jihad

Inchiesta della Procura di Milano sulla rete di Maria Giulia Sergio, 27 anni, adesso jihadista in Siria: "Voglio morire come una martire". Sostieni il reportage

Califfato, dieci indagati in Italia nel mirino il clan di lady Jihad

Maria Giulia Sergio, la Lady Jihad italiana arruolata nello Stato islamico, annuncia dalla Siria che la battaglia finale contro i miscredenti sarà la conquista di Roma. Suo marito Aldo Kobuzi, di origine albanese, combatte da mujahed e taglia le mani ai ladri. Marianna, la sorella di Maria Giulia, vuole raggiungerla in Siria assieme a mamma e papà. La famiglia albanese di Lady Jihad , che vive a Scansano, in provincia di Grosseto, ha aiutato gli sposi della guerra santa a raggiungere il Califfato.

Dieci persone coinvolte in questa storia sono indagate dalla Procura di Milano, che sta tirando le somme dell'inchiesta grazie al minuzioso lavoro della Digos del capoluogo lombardo. Nel mirino un'allegra rete familiare della guerra santa, che fra Inzago e la Maremma, è coinvolta nella scelta radicale di Maria Giulia Sergio - 27 anni, originaria di Torre del Greco, convertita all'islam - di raggiungere il Califfato.

E dal nord della Siria, dove si trova, sostiene che i mujaheddin marceranno prima sulla Turchia, poi in Arabia Saudita «e alla fine, Inshallah, a Roma ci sarà una grande battaglia».

Il 17 settembre scorso, la Lady Jihad italiana sposa il giovane albanese Aldo Kobuzi in un matrimonio «combinato» nella moschea lombarda di Treviglio. L'obiettivo è partire per la guerra santa accompagnata da un uomo, altrimenti non sarebbe stata accettata. I parenti di lui, come lo zio Baki Coku, che vivono a Scansano, aiutano la coppietta jihadista. Cinque giorni dopo il matrimonio Lady Jihad e il marito prendono un volo da Roma a Istanbul e poi a Gaziantrep. In Turchia contattano l'emiro Ahmed Abu Alharith, che coordina il flusso dei volontari pronti a combattere per lo Stato islamico. Sul suo cellulare turco arrivano chiamate a raffica da Francia, Svezia, Svizzera, San Marino, oltre che Libia, Afghanistan, Marocco, Oman di aspiranti mujaheddin che vogliono andare in Siria.

In ottobre la coppia giunta dall'Italia supera il confine e si stabilisce a Sed Forouk, una roccaforte dello Stato islamico. Assieme a loro c'è anche Donika Coku, la madre di Kobuzi e sua sorella Serjola, 19 anni, che ha avuto da poco un bambino da un mujahed albanese ucciso in combattimento. Aldo si sposta subito in un campo di addestramento e torna dopo un paio di mesi con compiti di polizia. Durante la sua assenza alla moglie non viene fatto mancare niente, grazie al «bottino di guerra» del Califfato. Maria Giulia, parlando con la sorella Marianna rimasta a Inzago, racconta che Said, il nuovo nome islamico dal marito, «come soldato di Allah ha lapidato con altri fratelli un uomo sposato che è andato con un'altra donna». La stessa Lady Jihad spiega che si sta addestrando all'uso delle armi e che ha sparato due volte, prima con un kalashnikov e poi una pistola. E rivela senza peli sulla lingua, che vuole sacrificarsi per Allah. Quando il Califfo, Abu Bakr Al Baghdadi, darà «la conferma alle donne per il Jihad, vi saluto, ok? Non vedo l'ora di morire da martire».

Dall'arrivo in Siria la mujahed dell'islam radicale insiste via Skype con la famiglia per convincere la sorella Marianna, la madre Assunta e il papà Sergio, tutti convertiti, a raggiungerla.

I genitori sono perplessi, ma la figlia rimasta a Inzago si fa abbindolare. Un ruolo cruciale nell'indottrinamento delle sorelle Sergio viene giocato da Haik Bushra, cittadina di origini siriane nata a Bologna, che fa il lavaggio del cervello alle aspiranti combattenti via internet. Bushra risiede a Riyad, capitale saudita e si presenta come insegnante di Corano. In realtà fa propaganda per lo Stato islamico e fornisce alle adepte il link per la pubblicazione in italiano che esalta il Califfato scritto da Halil el Mahdi, indagato dalla procura di Brescia. L'insegnante giustifica le stragi dell'Isis contro gli stessi musulmani sciiti considerati eretici: «Non stanno uccidendo i credenti, ma i traditori che si sono macchiati di apostasia».

Assunta, mamma di Lady Jihad , tentenna ancora per la partenza verso la Siria dicendo che deve accudire la nonna. Maria Giulia è secca: «La nonna, non convertita, è una miscredente» e invita ad abbandonarla. «Noi abbiamo il nostro capo di Stato, Abu Bakr al Baghdadi» tuona la giovane che si fa chiamare Fatima Az Zahara e invita pure i genitori a uccidere i miscredenti.

Alla fine la famigliola Jihad di Inzago cede e comincia a fare i bagagli. Papà Sergio si licenzia per ottenere una buona uscita di 25mila euro, che serviranno in Siria.

Dalla roccaforte dell'Isis arrivano notizie di una vita idilliaca sulla strada di Allah. Per dimostrarlo la coppia jihadista manda via Skype dei selfie. Lui in alcuni scatti è mascherato, in altri ha una cartucciera a tracolla e ostenta il barbone rossiccio. Di lei si vedono solo gli occhi nascosti dal velo nero integrale. Maria Giulia ha anche girato un video del suo addestramento con il kalashnikov, ma il marito le proibisce di inviarlo in Italia per timore che venga intercettato dall'antiterrorismo.

Lady Jihad racconta orgogliosa di come ha cucinato per la famiglia di un «martire» e la volontà di un giovane mujahed di andare «in Paradiso per sposare le mogli vergini promesse» piuttosto che seguire i consigli della madre di sopravvivere.

Al padre promette che una volta in Siria potrà acquistare una jeep per meno di tremila euro e gli sarà consegnato un kalashnikov. Ai timori della madre sugli ostacoli logistici per raggiungere il Califfato la ragazza votata alla guerra santa garantisce: «Ci sono dei mujaheddin in Italia... hanno dei collegamenti... non preoccuparti».

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