Dopo l'espianto degli organi della psichiatra aggredita venerdì pomeriggio da un ex paziente e morta dopo due giorni di agonia, dopo il dolore e la rabbia per quello che è accaduto, è il momento della questione sicurezza, con i medici che considerano la violenza contro gli operatori sanitari un'«emergenza nazionale» e che sollecitano interventi immediati per tutelare gli operatori più esposti e la Lega che spinge per rivedere la legge Basaglia, la norma che nel 1978 chiuse i manicomi: «Troppo spesso medici, personale sanitario, famiglie e pazienti sono lasciati soli: serve una norma nuova e aggiornata».
La Società italiana di psichiatria chiede al ministro della Salute, Orazio Schillaci, «un incontro urgente perché gli intenti comuni non si esauriscano nella commemorazione del fatto di cronaca lasciandoci inermi di fronte al dolore e per iniziare una collaborazione proficua». È necessario, dicono, ridurre le condizioni di rischio attraverso protocolli operativi integrati con le forze dell'ordine e il sistema delle emergenze-urgenze. Il ministro assicura che la sicurezza di tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari è un tema che gli sta particolarmente a cuore, una priorità su cui si è impegnato da subito aprendo posti di polizia negli ospedali, inasprendo le pene e disponendo la procedibilità d'ufficio per chi aggredisce personale sanitario. Il ministro dell'Università e della Ricerca, Annamaria Bernini, fa sapere che il governo aprirà un tavolo sulla psichiatria che rivisiterà criticamente l'impianto legislativo attuale. Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, garantisce che l'incolumità dei sanitari è una priorità per l'esecutivo. Anche la Federazione italiana medici di medicina generale è indignata per quanto è accaduto e per la mancanza di fatti su un'emergenza di cui si parla tanto senza agire. Nell'aggressione della dottoressa Barbara Capovani, sostengono i medici della Fimmg denunciando «l'assordante silenzio di chi avrebbe il dovere di tutelare i lavoratori», non c'era nulla di imponderabile: «Le azioni del suo aguzzino sono state chiaramente premeditate e, visti i precedenti dell'uomo, si sarebbe dovuto intervenire prima».
Per Massimo Cozza, direttore del dipartimento di salute mentale dell'Asl Roma 2, fra i direttori dei dipartimenti che ieri hanno lanciato una lettera-appello al governo, mancano risorse e personale e servirebbero altri 10mila operatori nei servizi di salute mentale, ma il problema della sicurezza è soprattutto giuridico.
«Dopo la chiusura dei manicomi nel 1978, qualche anno fa sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici giudiziari. Ora ci sono le Rems, ma queste strutture non sono adatte per tutti, in particolare per i pazienti che soffrono di disturbo antisociale, a rischio di atti violenti, come è stato per l'uomo che ha ucciso la psichiatra».
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