Nel nome di Craxi, Stefania. L'equilibrio politico italiano si è appena spostato, perfino con una certa sorpresa. Non è un terremoto, ma uno di quei movimenti che a guardarli da lontano non sembrano così incisivi, ma che finiscono per aprire corridoi che magari sembravano chiusi. Tutto avviene in una mattinata piuttosto calda nella commissione Esteri del Senato. C'è da votare il presidente. Quello di prima era Vito Petrocelli, espulso dai Cinque stelle per una Z putiniana di troppo e in rotta di collisione con le scelte di Draghi sulla guerra. La vecchia commissione si è sciolta e la nuova deve eleggere chi sarà a guidarla. Il candidato grillino è Ettore Licheri e sulla carta dovrebbe avere la maggioranza. Il suo partito perlomeno ne è convinto. Invece prende nove voti, tre in meno di Stefania Craxi. È successo, per farla breve, che si è formato un nuovo fronte inedito con Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia e Italia viva. I renziani non hanno votato con il resto della sinistra. I meloniani si sono schierati con pezzi di partito al governo. Non è chiaramente un voto di fiducia. Qui le dinamiche sono altre, ma è successo qualcosa di inedito. Lo mostra anche la reazione di Giuseppe Conte, che ora mette sul piatto la discontinuità. «L'attuale maggioranza ormai esiste solo sulla carta, la realtà quotidiana è un'altra». Fa riflettere anche il commento stizzito di Enrico Letta, che accusa Berlusconi e Salvini di minare la vita del governo Draghi. Non è così e la predica serve a nascondere altro. È apparso un embrione di campo largo a destra, mentre quello di sinistra si è ristretto. Il suo grande progetto strategico sembra assumere contorni sempre più miseri.
Adesso resta un quesito sul terreno. Questo embrione di centrodestra allargato può avere un futuro? Non è facile, chiaramente. L'apertura a Renzi è già un problema e Meloni, Berlusconi e Salvini devono ancora chiarire cosa vogliono diventare, come si vedono, su quali idee al di là della necessità elettorale possono riconoscersi. C'è bisogno di fiducia per stare insieme e ancora di più per aprire gli orizzonti. Al momento è bassa. Se però il centrodestra immagina davvero di governare una risposta a questa domanda la deve dare. Ragionarci sopra non è un tabù.
È possibile che il campo largo sia più problematico per il leader che per gli elettori. Fatto sta che se il voto della prossima primavera non indica un vincitore netto, come è probabile, la questione con chi e come governare va affrontata. E ora sul campo c'è un modello Craxi.
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