Giuseppe Conte è già scappato dinanzi ad alcune sfide elettorali, dunque non è neppure detto che accetti: ma l'idea, per ora tutta del Partito Democratico, di fare spazio al leader pentastellato, rinunciando ad una candidatura partitica per il seggio derivante dal collegio di Roma1 - quello lasciato libero da Roberto Gualtieri, che nel frattempo è stato eletto a sindaco di Roma - già perde colpi. Se il vertice del MoVimento 5 Stelle dovesse optare per scendere in campo e se gli elettori romani dovessero scegliere di premiarlo in larga maggioranza, tutti i leader di partito siederebbero allora in Parlamento. Conte, del resto, è l'unico della lista che manca. Ma i facili entusiasmi piddini e grillini hanno già lasciato spazio in breve tempo ad altre considerazioni.
Come ventilato da Laura Cesaretti in questo articolo per IlGiornale, uno dei primi ad edificare una vera e propria muraglia sul punto è stato Carlo Calenda: sino a ieri si diceva che l'ex ministro avrebbe potuto scegliere di mettere in piedi una candidatura alternativa, piazzando se stesso in quel collegio come sfidante per il giro di suppletive. Considerate le performance dei partiti in quella zona di Roma alle scorse amministrative, il solo Calenda avrebbe potuto rappresentare un ostacolo insormontabile per l'ex gialloverde e giallorosso. Così si ragionava. E proprio in queste ore, il leader di Azione ha sciolto la riserva, parlandone con l'Huffington Post: sarà candidato nel Roma1. L'ex "avvocato degli italiani", che si era guardato bene dal prendere una posizione sull'ipotesi discesa in campo, potrebbe così rimanere a casa. Azione, appena un mese e mezzo fa, è arrivato davanti a tutti nel centro di Roma. Centro che è proprio la porzione di città interessata ad eleggere il successore di Gualtieri alla Camera dei deputati.
Le intenzioni di Calenda si erano già palesate nel corso della mattinata: "I 5S hanno devastato Roma, paralizzandola per cinque anni e mortificandola in tutti i modi. Non esiste, ma proprio non esiste, cedergli un collegio dove hanno fatto uno scempio. Basta 5S. #RomaSulSerio", aveva scritto l'ex candidato sindaco. Poco dopo è arrivato l'annuncio ufficiale. Il Partito Democratico, dal canto suo, starebbe già pensando ad una soluzione alternativa: con la candidatura di Calenda, Conte, con buone probabilità, eviterà di essere parte attiva della competizione. E allora il nome che circola adesso è quello di Enrico Gasbarra, storico esponente romano nonché ex vice di Walter Veltroni. Ma è un'ipotesi che precede la notizia relativa alla candidatura di Calenda.
Anche Matteo Renzi, in ogni caso, aveva detto la sua sull'eventuale scelta di Giuseppe Conte. Una presa di posizione netta scritta nero su bianco nell'Enews odierna: "Pertanto, chi vuole allearsi con Meloni o Conte - ha scritto l'ex presidente del Consiglio, dopo aver ribadito la sua sul posizionamento politico - faccia pure ma senza di noi. Per essere più chiari: se nel collegio Roma 1 il Pd mette in campo una candidatura riformista, noi ci siamo. Se il Pd candida Conte, la candidatura riformista noi la troveremo in ogni caso ma non sarà Giuseppe Conte. Perché il Pd può fare quello che crede, ma regalare il seggio sicuro (a quel punto forse non più sicuro?) al premier del sovranismo, all’uomo che ha firmato i Decreti Salvini, all’avvocato che non vedeva differenza tra giustizialismo e garantismo significherebbe subalternità totale". Un no secco, quindi, era giunto pure dal fondatore d'Italia Viva.
Le cose, per Giuseppe Conte, risultano più complesse di come Pd e MoVimento 5 Stelle si sarebbero augurati. La strada tracciata era quella di una candidatura blindata, con cui più o meno chiunque, a patto fosse sostenuto in maniera unitaria, non avrebbe avuto grosse difficoltà.
Ma Renzi non reputa Conte un candidato riformista, mentre Calenda si è addirittura candidato in funzione oppositiva. Altre occasioni per entrare in Parlamento, con buone probabilità, non ce ne saranno: se l'ex giallorosso e gialloverde non accetta la sfida (e la competezione) resterà fuori da questa legislatura.
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