Caso Cantone: a giudizio il fidanzato

Richiesta della Procura per Di Paolo. Accuse: calunnia e falsa denuncia

Tiziana Paolocci

Rinvio a giudizio immediato. Lo ha chiesto la procura di Napoli per Sergio Di Paolo, il fidanzato di Tiziana Cantone, morta suicida a trent'anni a Mugnano, nel Napoletano, dopo la diffusione in rete di sei video hard che aveva girato proprio con lui.

Le ipotesi sostenute dai pm sono calunnia e falsa denuncia, in concorso con la vittima. Il fascicolo si riferisce alle accuse mosse ingiustamente nei confronti di cinque persone, accusate da Tiziana su input del fidanzato, che furono indagate per violazione della privacy dalla procura di Napoli. La loro posizione sta andando verso l'archiviazione, mentre quella di Di Paolo si complica. Secondo i magistrati i due fidanzati presentarono anche una denuncia di smarrimento dell'iPhone di Tiziana, con lo scopo di impedire che si scoprisse che l'invio dei video in chat era stato fatto proprio da quel cellulare.

Per il pm Alessandro Milita, infatti, fu la coppia a pubblicare i filmati porno su un sito di scambisti. Poi, con un programma informatico, questi erano stati prelevati e diffusi in rete su altri siti, che raccolgono immagini e video pornografiche amatoriali. L'evidenza della prova trovata nel corso delle indagini, ha spinto il pm a saltare la fase delle indagini preliminari, chiedendo il giudizio immediato. Ora la parola spetta al gip. In caso di accoglimento, Di Paolo, che ha sempre negato di conoscere le modalità della diffusione dei video in rete, sarà chiamato a decidere tra il rito abbreviato o il dibattimento. In concorso con Tiziana, è chiamato a rispondere di falso e simulazione di reato, relativamente alla denuncia di smarrimento del telefonino presentata dalla vittima nell'aprile 2015. C'è poi l'accusa per calunnia legata alla querela fatta da Tiziana contro i cinque ragazzi ai quali furono inviati i video attraverso chat. E infine Di Paolo è accusato di accesso abusivo ai dati informatici, per aver chiesto a un perito, senza il consenso della ragazza, di accedere al suo archivio digitale per cancellare le tracce di alcune chat dalle quali si evinceva che i cinque iscritti nel registro degli indagati non erano i responsabili.

Sulla triste vicenda c'è anche un secondo fascicolo aperto nella procura di Napoli Nord, che valuta l'istigazione al suicidio, legato alla tragica morte della

trentenne. Al momento non ci sono nomi iscritti, ma si attendono novità a breve perché un perito è riuscito a sbloccare il sistema di sicurezza dell'iPhone della vittima, che aveva tentato invano di tornare nell'anonimato.

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