Caso Orlandi, tombe riaperte. Arriva il via libera del Vaticano

Accolta la richiesta della famiglia dopo la denuncia sul cadavere occultato. I due loculi nel cimitero teutonico

Caso Orlandi, tombe riaperte. Arriva il via libera del Vaticano

Un nuovo passo verso la verità per il caso della scomparsa di Emanuele Orlandi, la figlia del commesso della Prefettura della casa pontificia, scomparsa misteriosamente a Roma il 22 giugno 1983.

Si apriranno l'11 luglio due tombe presenti presso il cimitero teutonico della Città del Vaticano. La decisione era stata presa il 27 giugno scorso dal Promotore di Giustizia del Tribunale del Vaticano dopo la denuncia della famiglia della ragazza, che nei mesi scorsi aveva segnalato il possibile occultamento del suo cadavere nel piccolo Cimitero ubicato all'interno del territorio dello Stato Vaticano. «In ogni caso le complesse operazioni peritali fissate per il prossimo 11 luglio sono solo la prima fase di una serie di accertamenti già programmati che, dopo l'apertura delle tombe e la repertazione e catalogazione dei resti, porteranno alle perizie per stabilire la datazione dei reperti e per il confronto del Dna», riferisce il direttore «ad interim» della Sala Stampa della Santa Sede Alessandro Gisotti.

Alle operazioni parteciperanno, oltre ai familiari di Emanuela e ai parenti delle persone seppellite nelle tombe interessate, il professor Giovanni Arcudi, il Comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani. «Va ricordato che per ragioni di carattere giuridico l'autorità inquirente vaticana non ha giurisdizione per svolgere indagini sulla scomparsa, avvenuta in Italia - continua Gisotti -. Pertanto, l'iniziativa vaticana riguarda soltanto l'accertamento della eventuale sepoltura del corpo di Emanuela Orlandi nel territorio dello Stato vaticano».

Soddisfatto Pietro, fratello della giovane, sparita nel nulla 36 anni fa. La mamma Maria parla di primo atto di verità, ma il dolore è forte, al pari della consapevolezza che sarà troppo difficile sapere davvero qualcosa. «La verità: solo Dio sa cosa è successo ma penso che dopo tutto questo tempo non la possiamo più trovare da nessuna parte - si sfoga -. Maledetto chi sa la storia e non la dice! Un'inchiesta dopo lunghi anni di silenzio. Io penso al fatto che in tanti anni nessuno si è mai fatto avanti. Mio figlio Pietro si batte da sempre, ma intorno il silenzio. Ognuno risponderà alla sua coscienza».

«Qualsiasi strada perseguita per la ricerca della verità, nel rispetto delle regole processuali, è lodevole - sostiene il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini - anche perché è interesse del Vaticano dare prova di massima disponibilità a dimostrazione della collaborazione e, di conseguenza, della propria estraneità. Se poi la cosa dovesse dare esito positivo, ridonderebbe a favore di chi l'ha autorizzata». Ma Monsignor Gianfranco Girotti, già reggente della Penitenzieria Apostolica da sempre interessato al caso è quantomai scettico.

«Decisione presa per farla finita con questa storia che ha assunto i connotati di una favola - commenta -. A mio avviso non ci sono elementi nuovi. Credo invece sia una iniziativa per chiudere questa storia che sta un po' cadendo nell'insopportabilità»

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