Un uomo scomparso, un'auto carbonizzata con resti umani e lo strano manifesto della famiglia. Su tutto l'ombra di una guerra fra le ndrine più potenti della Locride. Un rompicapo per i carabinieri che indagano da giorni sulla misteriosa sparizione di Antonio Strangio, 42 anni, padre di 4 figli, allevatore nonché figlio di Giuseppe, uno dei rapitori di Cesare Casella, il 19enne in mano all'anonima sequestri più di due anni, tra il 1988 e il 1990. Dai rapimenti eccellenti in Lombardia, come quello di Giovanni Piazzalunga, Carlo De Feo, Giuliano Ravizza e, appunto, Cesare Casella, al business del narcotraffico.
Antonio Strangio, precedenti per droga, lunedì non rientra a casa. La famiglia lancia l'allarme, i carabinieri lo cercano in lungo e in largo in un territorio compreso fra i Comuni di Bovalino, San Luca e Bianco. Tre giorni dopo alla fiumara Bonamico viene trovato quello che rimane del suo fuoristrada. All'interno, fra resti di abiti e gioielli fusi dalle fiamme, ossa che in un primo momento sembrano quelle di un animale, una pecora. Basta l'esame di un veterinario per stabilire che si tratta di uno scheletro umano in posizione rannicchiata. Appartiene a Strangio? Bisognerà attendere i risultati comparativi del Dna, affidati al Ris di Messina, per stabilire se si tratta dello scomparso. I familiari, però, non aspettano e lanciano un messaggio. «Le famiglie Strangio e Scalia ringraziano a tutta la popolazione (sic) ma dispensano dalle visite». Il manifesto funerario, la «carta», con tanto di errore grammaticale, non riporta il nome dell'impresa funebre tanto meno il luogo in cui è stato stampato. La Procura di Locri che indaga sull'omicidio, perché di questo si tratta, teme una nuova faida sanguinaria fra le ndrine dell'Aspromonte compresa quella degli Strangio «Barbari», la più feroce di San Luca apparentemente slegata ai Nirta-Strangio. «È un atto di guerra» chiosano gli investigatori pur «non escludendo alcuna pista».
Col passare delle ore, però, l'ipotesi che prende corpo è che Strangio non sia affatto morto. Di certo il 42enne non si sarebbe allontanato «in odore» di arresto, per organizzare una latitanza preventiva. Il messaggio in codice dei familiari farebbe pensare a una sparizione, a una morte simulata. Tanto da rifiutare visite (e relative condoglianze). In questo caso a chi appartengono i resti carbonizzati?
La famiglia Strangio è una delle più potenti fra le cosche della 'ndrangheta e la sua storia racconta di stragi e vendette. Come quella seguita all'omicidio di Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta, vero obiettivo dei sicari, il giorno di Natale 2006. La risposta arriva a Ferragosto 2007. «Da Bruno», un ristorante italiano di Duisburg, Germania, si festeggia il 18° compleanno di Tommaso Venturi di Corigliano Calabro. Con lui amici e affiliati, come il proprietario del locale, Sebastiano Strangio che, nonostante il cognome, appartiene alla cosca Pelle-Vottari, storici nemici dei Nirta-Strangio. Il gruppo di fuoco spara più di 70 colpi e uccide 6 persone fra le quali Marco Marmo, considerato il killer di Maria Strangio.
Fra i mandanti, condannati all'ergastolo, Giovanni Strangio, Gianluca, Francesco e Giuseppe Nirta detto Peppe u versu, Francesco Pelle detto Ciccio Pakistan, Sebastiano Romeo, Francesco Vottari detto Ciccio u Frunzu e Sebastiano Vottari, il Professore.
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