
Noi Moderati, la formazione guidata da Maurizio Lupi, è decisa a compiere un salto di qualità e trasformarsi in un vero partito. Un cammino che prende forma anche attraverso il rafforzamento dell'organigramma con Mara Carfagna nominata ieri segretario organizzativo, con Mariastella Gelmini capo delegazione al Senato.
Onorevole Carfagna, cosa significa per lei questa nomina?
«È un incarico che mi onora e che porterò avanti con la determinazione e la passione di sempre. Abbiamo concluso il tesseramento con 20mila iscritti, programmato la stagione congressuale e ci apprestiamo a organizzare due grandi eventi su Europa e sanità. Sono scelte funzionali all'obiettivo di rafforzare l'area moderata del centrodestra, creare una casa accogliente per i popolari, i moderati, i riformisti e i garantisti. Sento la responsabilità di questa nomina, Noi Moderati è un progetto in cui credo. Avrei potuto fare scelte più comode, ma la sfida è allargare la nostra base e rendere il centrodestra ancora più plurale, partendo dall'affiliazione al Ppe avvenuta a gennaio».
In quale modo Noi Moderati può essere utile al centrodestra?
«Il centrodestra funziona meglio quando è autenticamente plurale come ai tempi di Berlusconi, quando quattro partiti differenti, con le diverse anime e sensibilità, convivevano e venivano ricondotti a sintesi grazie alla sua leadership. Rafforzare l'area moderata aiuta a controllare le spinte estremiste, soprattutto in un momento in cui tenere insieme rapporto transatlantico e ancoraggio europeo non è mai stato così difficile. Oggi tocca a Giorgia Meloni questo ruolo di sintesi e finora ci sta riuscendo molto bene».
Ma l'area dei moderati non è già presidiata da Forza Italia?
«Non siamo in competizione con FI. Vogliamo rappresentare una proposta politica innovativa in grado di intercettare quei 9 milioni di italiani che si definiscono moderati e non vanno a votare perché delusi o arrabbiati. A loro lanciamo il messaggio che è arrivato il momento di esercitare una responsabilità civica, perché il futuro è costellato di incognite con il cambio geopolitico, i focolai di guerra, le migrazioni. La nostra vuole essere una proposta politica concreta per una istruzione di qualità, una sanità efficiente, per la conciliazione vita-lavoro, per un rafforzamento dell'Europa, per la difesa del ceto medio perché se prima - per fare un esempio - una coppia di insegnanti poteva accendere un mutuo e mandare i figli all'università ora non è più possibile».
Sul riarmo la maggioranza si è divisa. Avete trovato la quadra?
«Ci sono posizioni differenti, ma non incompatibili, la cosa importante è ricondurle a sintesi come faceva Berlusconi e oggi fa Giorgia Meloni, da ultimo nel vertice di maggioranza da cui è uscita una posizione chiara: no a militari italiani sul terreno di guerra, sì al sostegno all'Ucraina, sì a una forza di pace ma solo sotto l'egida dell'Onu. Lo stesso è avvenuto in Parlamento con la risoluzione unitaria della maggioranza contro le 5 dell'opposizione. D'altra parte l'interesse nazionale non si tutela scegliendo tra Usa ed Europa ma cercando di tenere insieme le due sponde dell'Atlantico. I rapporti con questa Amministrazione non sono fluidi come in passato, alcune esternazioni ci amareggiano ma i rapporti si tengono a prescindere dai presidenti di turno, non guardando ai primi mesi di Trump ma ai prossimi 40 anni. Spingendo al contempo sull'integrazione europea, perché l'Europa unita è un blocco di 450 milioni di abitanti, superiore commercialmente anche agli Stati Uniti».
Giorgia Meloni parteciperà al congresso di Azione. Esiste uno spiraglio per il dialogo o si tratta di una missione impossibile?
«Sui singoli temi con i riformisti di centrosinistra è possibile un
dialogo, sulla politica estera ci sono convergenze. Ma che questo preluda a una alleanza tendo a escluderlo perché quel partito mi sembra saldamente ancorato al centrosinistra ed è il motivo per cui ho deciso di uscirne».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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