Che invidia la campagna elettorale ad oltranza

Nella corsa per la Casa Bianca è lotta fino all'ultimo secondo senza par condicio

Che invidia la campagna elettorale ad oltranza

Viviamo la campagna elettorale Usa come se fosse nostra. Sappiamo che ci riguarda e ce ne sentiamo coinvolti. Il che è un bene. Meglio, però, se si è capaci di trarne degli insegnamenti. A prescindere dal risultato.

Intanto la campagna elettorale continua a urne già aperte. I sondaggi non smettono di piovere, nel mentre gli elettori già votano. Noi abbiamo leggi che vorrebbero servire a difendere gli elettori dalle suggestioni, in realtà li tratta come incapaci. Se la gara è aperta fino all'ultimo si compete fino all'ultimo, mentre la pretesa italica della «pausa di riflessione» ha il sapore antico del minestrone della nonna. Da noi ancora vige la legge imposta da Oscar Luigi Scalfaro, che con la «r» moscia divenne: «pav condicio». Qui si danno soldi pubblici che si sommano a quelli privati, ma poi si usano le fondazioni «culturali» per non rendicontare nulla e offrire un paravento ai finanziatori. Negli Usa puoi prendere il finanziamento pubblico, ma solo se accetti un tetto a quelli privati e ti sottometti a un controllo ferreo. Così tutti rinunciano e, comunque, il controllo della provenienza dei fondi è assicurato.

La sola posta in gioco non è la Casa Bianca. Mai come questa volta è chiaro che conterà moltissimo chi prenderà la maggioranza parlamentare. Una parte consistente del Partito repubblicano non voterà per Trump, considerandolo un pericolo, ma non per questo voterà per i democratici, puntando a far scattare tutti i contrappesi che la Costituzione statunitense prevede. Saggezza lì consentita e qui negata.

La più potente democrazia del mondo non è in un gran stato di salute. Il fatto stesso che debbano scegliere fra la moglie di un ex presidente (dopo avere avuto il figlio di un ex presidente) e un fenomeno cresciuto cavalcando il rifiuto e lo sberleffo, non è gran cosa. Il vincitore non avrà vita facile e la prossima presidenza s'annuncia debole. Ma perché, tutto sommato, forte è la macchina della democrazia americana.

Le classi dirigenti si sono disinteressate alle istituzioni, dedicandosi (come è del tutto legittimo) ai quattrini e alle arti. Ma se la politica viene abbandonata dai migliori va a finire che seleziona i mediocri, quando non i peggiori.

E non basta che l'economia vada bene, perché gli elettori coltivino il buon umore, perché la politica ha perso la capacità di vedere e progettare. Le prossime elezioni statunitensi saranno del tutto diverse. È da quest'altra parte dell'Atlantico che si osserva come se si fosse al cinema e poi si recita sempre la stessa commedia.

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