Lo Chef ucciso 21 anni fa: un mozzicone di sigaretta ora incastra l'assassino

Pietro Braggi ammazzato durante una rapina Il killer trovato per una traccia in un altro colpo

Lo Chef ucciso 21 anni fa: un mozzicone di sigaretta ora incastra l'assassino

Il Duemila era appena arrivato. Ma Pietro Beggi, 68 anni, chef di un famoso ristorante piemontese, era destinato a viverne poche ore. Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 2000 fu ucciso nel corso di una rapina nel ristorante in cui lavorava. Un delitto per cui da ieri esiste un colpevole. Ventun anni dopo.

Beggi, era il cuoco del ristorante Ciabot del Grignolin di Calliano, in provincia di Asti. Un locale che lo chef conduceva da una trentina d'anni e che riusciva a coniugare la qualità della cucina con i grandi numeri, circa 400 coperti. Un posto molto noto, che aveva avuto tra i suoi clienti anche l'ex presidente del Consiglio Giovanni Goria. In quella fredda notte di gennaio di un millennio appena iniziato, Beggi fu trovato agonizzante nella cantina del ristorante. Morì poche ore dopo in ospedale, nel reparto di rianimazione del Cto di Torino, per un colpo alla testa che secondo la Corte d'Assise d'Appello di Torino gli aveva inferto Giampaolo Nuara, condannato per questo a 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. L'imputato, oggi quarantenne ma diciannovenne al momento del delitto, era stato inizialmente prosciolto in primo grado con rito abbreviato, ma i giudici dell'ultimo grado di merito hanno ribaltato la decisione.

Il percorso attraverso cui Nuara è stato condannato per l'omicidio di Beggi ha quasi dell'incredibile. Nuara fu accusato di far parte della banda che assalì lo chef e lo torturò perché rivelasse il nascondiglio dell'incasso di Capodanno del ristorante, oltre 30 milioni di lire, nascosto dentro il mobiletto della cucina, molti anni dopo. Tracce del dna trovato sulla scena del delitto corrispondevano a quelle trovate 19 anni dopo su una calza indossata da un membro di una banda di rapinatori nel corso di un colpo a Pavia e oggetto di un'altra indagine. Si trattava della banda di finti Carabinieri, composta da italiani e albanesi, che per mesi terrorizzò in Lombardia tra il 2016 e il 2017 mettendo a segno quasi un centinaio di furti. I banditi si presentavano indossando false divise dell'Arma nella case delle vittime e ne approfittavano per derubarli dopo averli distratti. I Carabinieri (veri) del comando di Pavia, in collaborazione con i Reparti investigativi di altre città, arrestarono i componenti della gang nel 2019.

Era la notte tra il 2 e il 3 gennaio 2000. Beggi, 68enne, venne trovato agonizzante dal socio Livio Vallarin nella cantina del ristorante, dove era stato trascinato e dove aveva trascorso l'intera notte in un lago di sangue e con il cranio fracassato dopo essere stato colpito nel corso di una rapina a cui aveva cercato in tutti i modi di opporsi. Il delitto aveva sollevato un certo scalpore in zona ma non solo e aveva spinto gli investigatori a indagini serrate che però non avevano consentito di individuare nessun possibile colpevole. Repertarono però tutto il materiale trovato nel locale e nei dintorni, una mossa rivelatasi poi decisiva. Tra gli oggetti «congelati» c'erano infatti anche tre calze da donna opportunamente modificate per fungere da passamontagna, sulle quali erano state identificate e catalogate delle tracce biologiche. Una di esse fu molti anni dopo identificata come quella di Nuara, nel frattempo «ingaggiato» nella banda dei finti Carabinieri.

Alla fine, a inchiodarlo, è stata una traccia di sangue lasciata su un vetro frantumato per introdursi in casa di notte e della saliva rilevata dagli inquirenti sui mozziconi di sigaretta presenti sulla scena di un altro furto.

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