Chi ha creato il "mostro" Conte

La stanchezza e il nervosismo di Draghi non hanno a che fare solo con la Lega o i Cinque Stelle. C'è anche una delusione che guarda a sinistra. Non bisogna dimenticare che il Pd fino a ieri ha dato un credito immenso, e inspiegabile, a Giuseppe Conte.

Chi ha creato il "mostro" Conte

Il giorno dopo. L'unica cosa certa è che il governo Draghi è caduto. L'impressione è che neppure lui, l'uomo della maggioranza straordinaria, abbia fatto davvero tutto per evitarlo. Non è una colpa. È che a un certo punto si è reso conto, e lo ha detto, che il patto sottoscritto per dare all'Italia un futuro non c'era più. Quella compagnia di partiti disordinata e senza anima non si è mai riconosciuta in un'azione di governo comune. Le elezioni all'orizzonte hanno fatto il resto. Forza Italia e Lega avevano chiesto un nuovo accordo, per ricominciare. Alla fine però Draghi ha scelto di porre la fiducia sulla risoluzione Casini che aveva un punto debole: fare finta che nulla fosse accaduto. Non si può ripartire con una finzione. Ora il circo delle opinioni indica Berlusconi e Salvini come responsabili. Non c'è dubbio che una scelta sia stata fatta, ma siamo sicuri che gli altri partiti abbiano davvero sostenuto Draghi? È un tema di cui vale la pena parlare. Il Pd oggi sbandiera l'orgoglio draghiano. Enrico Letta è stato abbastanza furbo da non sporcarsi le mani. Chi ha lavorato nel governo racconta però della fatica che ha fatto il presidente del consiglio a dialogare con quello che ha sempre considerato il partito più solido della sua alleanza. Tante volte è rimasto deluso dall'inerzia dei ministri Pd. Andrea Orlando ha rinviato mese dopo mese la riforma del welfare. È rimasta lì nei cassetti del ministero del Lavoro. I bizantinismi di Dario Franceschini sono stati spesso irritanti. Tanti nel Pd non hanno nascosto la nostalgia verso il precedente governo. La stanchezza e il nervosismo di Draghi non hanno a che fare solo con la Lega o i Cinque Stelle. C'è anche una delusione che guarda a sinistra. Non bisogna dimenticare che il Pd fino a ieri ha dato un credito immenso, e inspiegabile, a Giuseppe Conte.

Conte spirito guida della sinistra. Conte alleato da sempre atteso, una sorta di messia del grillismo redento. Conte cardine del campo largo. Conte a cui si perdona perfino il gioco russo. La realtà è che sono stati Letta e i suoi compagni a legittimare davanti a tutti ogni azione di quello che apparve dal nulla battezzandosi «avvocato del popolo». Conte però fin dall'inizio ha mostrato il suo distacco da Draghi. In quella maggioranza c'è stato sempre scomodo, con il rimpianto di aver perso Palazzo Chigi. Fin dall'inizio i «contiani» sono stati il ventre molle del governo. Il velo è caduto con la guerra in Ucraina e poi con la miccia sul «Dl aiuti» che ha acceso la crisi. La scissione di Di Maio è la fotografia del disagio di una parte dei Cinque Stelle, quella governativa, rispetto alla politica di Conte, quinta colonna nella maggioranza degli anti draghiani. Questo per dire che il Pd ha di fatto sostenuto un elemento costante di inaffidabilità. Lo ha coperto, giustificato, reso più forte. Lo ha fatto per interesse di parte: insistere nella tattica elettorale. Il campo largo ha reso più debole l'azione di Draghi. Nessuno nel partito di Letta ha però l'onesta intellettuale di riconoscerlo. Draghi lo sa, ma ha preferito fare finta di nulla.

Non ha avuto il coraggio di rivelare tutti i suoi malumori. Il Pd non solo è stato risparmiato, ma consapevole o meno ha finito per compiere una scelta di campo. Ha detto no a destra e sì a sinistra. Non è stato più super partes.

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