Niente cellulari in aula, lavori socialmente utili per riscattare i bulli e niente reddito di cittadinanza a chi non ha completato gli studi. Per evitare che poltrisca o che lavori solo in nero.
Se queste decisioni le avesse prese un padre severo sarebbe stato applaudito nelle chat delle mamme di ogni scuola come un uomo di buon senso. Se invece il severo-ma-giuso porta il nome di un ministro di Fratelli d'Italia, apriti cielo (e fai prendere aria all'eskimo). E così Giuseppe Valditara (nella foto), alla guida del dicastero dell'Istruzione, viene attaccato da studenti e sindacati, che lo accusano di ledere la libertà e mettere «ai lavori forzati» bulli e pigroni.
Rilanciando la proposta di qualche giorno fa sulle ore di impegno sociale per i bulli, Valditara ribadisce: «Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche, di fronte ai suoi compagni, il bullo si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto. Evviva l'umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità)».
Ovvio che, con il termine di «umiliazione», il ministro intende lezione di vita, dose di umiltà. E anche occasione per aprire gli occhi sul mondo, capendo cosa voglia dire prestare servizio in un'associazione di volontariato o affini. No, per la sinistra bella del mondo della scuola, che non aspettava altro che scagliarsi contro il nuovo governo, nelle parole del ministro c'è «l'idea di un'educazione fondata sulla punizione, la repressione e la coercizione. Immaginare che un ragazzo possa crescere dopo aver subito un'umiliazione descrive un modello educativo, formativo e pedagogico che fa rabbrividire». «Ho utilizzato un termine che non spiega affatto il senso del mio ragionamento - chiarisce il ministro - Stavo intervenendo su un episodio oggettivamente intollerabile, quello di uno studente che ha preso a pugni una professoressa. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli fare lavori socialmente utili alla comunità scolastica. Imparare l'umiltà di chiedere scusa, affrontare il senso del limite è un passaggio denso di significato formativo».
A suscitare le ire dei sindacati è l'idea di togliere il reddito di cittadinanza a un giovane che magari non ha potuto studiare perchè aveva bisogno di lavorare. Giusto. Ma è anche impensabile che un ragazzo prenda il reddito di cittadinanza a vita, dall'inizio del suo percorso lavorativo, senza fare nulla o lavorando solo in nero. La decisione vuole essere anche uno stimolo a riprendere gli studi, ad arrivare al diploma e a trovare un'occupazione più stabile di un lavoretto stagionale o con chissà che contratto fragile.
Pure sul divieto dei cellulari in classe ha da ridire la Cisl Scuola. «La scuola non ha bisogno di essere sommersa di circolari, specie su aspetti la cui disciplina ha una sede naturale ben individuata nel regolamento di istituto» sostiene la sindacalista Ivana Barbacci.
Agli studenti non pare neanche il vero di poter scrivere sui loro volantini che dicono no a un «regime di repressione».
«Ci opponiamo fortemente a questo modello di scuola che vuole reprimere, che vuole premiare un'idea di studente modello lasciando indietro tutti gli altri» spiega l'Unione Degli Studenti. «Il ministro si è rifiutato di ascoltare gli studenti, ora impone la sua idea di scuola, fatta di classismo, merito, umiliazione e repressione».
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