Caos Fase Due

Colao partorisce solo un "topolino". Al lavoro dal 4 maggio con il rebus 60enni. Ci si potrà spostare ma non tra Regioni

Caos Fase Due

Il punto decisivo è un meccanismo automatico. Una sorta di termometro per la prima fase della fase due, quella che inizia il 4 maggio. Quel giorno, atteso e insieme temuto, il sistema manifatturiero tricolore alzerà la saracinesca. Si riparte. Di nuovo al lavoro le industrie e le costruzioni. Di più, in lista anche gli esercizi commerciali di supporto: ad esempio l'automotive si porta dietro i concessionari di auto. Tutti operativi il 4 maggio fra gli scongiuri generali: il governo stima che quel lunedì, uno dei più drammatici della nostra storia, si muoveranno dalle loro case 2,5 milioni di persone. Tante. Tantissime, dopo l'interminabile lockdown, e per fortuna altre 600 mila non si sposteranno, perché hanno virato verso lo smart working.

Ed è qui che scatta la «ghigliottina» pensata da Colao. Ogni regione, blindata, farà storia a sé, perché anche il virus ha preso una piega non uniforme sul territorio nazionale. Dunque, nella prima fase della fase due le venti Italie, dai confini ancora chiusi - ma si ipotizzano eccezioni per le visite ai parenti e seconde case - si misureranno con gli indicatori della pandemia: i contagi, i ricoveri in terapia intensiva e quelli nelle unità subintensive.

Si spera che i numeri scendano, ma è anche vero che con lo sgretolamento del lockdown si entra in una realtà mai vista. Cosa accadrà? Colao prevede una situazione a scacchiera: le regioni virtuose procederanno nel giro massimo di quindici giorni verso un'altra tappa della liberazione, ovvero la ripartenza di gran parte dei negozi. Ma sempre col divieto assoluto di assembramenti e con bar, ristoranti e parchi che rimarranno off limits. Le altre verranno di nuovo chiuse e regrediranno al lockdown duro di oggi: una grande caserma, dove le attività sono ferme e la circolazione non c'è.

Su questi scenari la task force di Colao, che ha presentato il suo dossier all'esecutivo, ha insistito molto: il virus è ancora molto forte e la convivenza può funzionare solo se tutti gli elementi vanno al posto giusto. Ma non è detto che tutto proceda come dovrebbe, anche perché i fattori da considerare sono tanti.

Devono essere rispettati i protocolli di sicurezza sottoscritti il 14 marzo scorso e già in evoluzione: si ragiona su ingressi differenziati, turni multipli, lavoro serale e, tema che l'esecutivo sta approfondendo, pure nei giorni festivi. Non c'è niente da fare: dentro uffici e stabilimenti impiegati e operai devono essere spalmati su un arco orario il più ampio possibile.

Tutto serve secondo Colao in questa guerra snervante che si annuncia ancora lunga: le mascherine, i guanti, i tamponi, il check della febbre, il distanziamento. E poi dev'essere valutata la rete dei mezzi pubblici. Impossibile immaginare carrozze sovraffollate come quelle cui eravamo abituati nelle ore di punta. La soluzione è, come sempre, in un mix di proposte e suggerimenti: potenziare le corse degli autobus e delle metropolitane ma contemporaneamente abolire o ridurre, almeno in questa fase, le Ztl e l'area C a Milano, rivalutando le automobili, fin qui demonizzate.

Colao offre all'esecutivo le tessere del puzzle, ma lascia al Governo, che del resto non voleva un intervento troppo invasivo, il compito di assemblarle. «Abbiamo incrociato diversi criteri - spiega al Giornale Enrico Giovannini, uno dei 17 saggi - tocca a Conte e ai suoi ministri la sintesi». Sintesi difficile perché gli esperti in realtà formano un battaglione che dice tutto e il contrario di tutto e in cui viene ascoltata pure la voce del comitato tecnico-scientifico. Una babele di pareri e previsioni che avvolge come una foschia l'Italia che sta per avventurarsi oltre le colonne d'Ercole del lockdown.

E però lo scheletro del domani che sta per arrivare è ormai delineato: dopo il 4 maggio non ci sarà più un'Italia in quarantena ma venti Regioni più avanti o più indietro sulla via del ritorno alla normalità. La sintesi è spezzettata in venti fotografie.

Colao aveva anche proposto una linea anagrafica, tenendo al riparo, fuori dalla mischia, gli over 60, ma la misura non ha convinto ed è finita su un binario morto.

Altri punti rimangono oggetto di discussioni: la modulazione della App che dovrebbe monitorare gli spostamenti, e perfino il costo delle mascherine su cui, secondo le agenzie di stampa, si è accesa un litigio fra i ministri. Fra quelli che vorrebbero un prezzo calmierato e chi lo vuole libero.

Si vedrà. Il Paese sta per girare pagina. E chi è pronto, concetto non proprio chiaro quando ci sono tanti parametri da tenere d'occhio, guadagnerà sette giorni. E romperà l'assedio già il 27 aprile, un vantaggio non da poco ma poco praticabile dopo la frenata dei sindacati.

La partita vera si giocherà dopo, a partire dal 4 maggio, quando prenderà forma il Paese a fisarmonica.

È troppo presto per cantare vittoria. Qualche regione potrebbe retrocedere alla fase uno, in un disperante gioco dell'oca.

Per la task force il meccanismo automatico è l'assicurazione sul domani. Il governo, tanto per cambiare, non ha ancora deciso ma l'orientamento prevalente è quello di seguire le indicazioni. Così sarà il Coronavirus a realizzare il federalismo.

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