Calano sul Nazareno come furie. La preda è lì a un passo, la prossima tornata elettorale, ma rischia d'essere sottratta da sotto il naso. A tradirle è proprio quella che dovrebbe difenderle. Ma loro, le amazzoni coi lineamenti da erinni, sono pronte a stracciarsi le vesti, affondare le unghie e battersi sino all'ultimo respiro perché ciò non avvenga. Inforcano il sacro vessillo delle quote rose e pretendono uno scranno blindato alle europee.
Lo scontro è tutto tra donne. Ma che si consumi proprio adesso che il Pd s'è eletto la prima segretaria in gonnella (si può scrivere senza essere tacciati di sessismo?) fa quantomeno sorridere. Tutta colpa di Elly Schlein, non c'è che dire. Proprio lei che le aveva conquistate tutte quante sbraitando dal palco di piazza del Popolo: «Sono una donna, amo un'altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna». Proprio lei che per screditare Giorgia Meloni aveva teorizzato che era «una leader femminile» e non «femminista» dando il via a deliri anti patriarcato che ne mettevano addirittura in dubbio l'essere donna. Proprio lei ora medita «okkupare» i listini scrivendo il suo nome in cima a tutte le circoscrizioni.
La scelta (non ancora definitiva) ha fatto indignare persino Romano Prodi. «Se ci metti 5 candidature e ne scegli una vuole dire che alle altre quattro non vai», ha commentato il Professore. «Questo è un vulnus per la democrazia. Se continuiamo a indebolire la democrazia in tutti i suoi aspetti, poi non ci lamentiamo se arriva la dittatura». Il suo è un «discorso generale» ma (sarà un caso) lì in Campidoglio a commemorare David Sassoli c'è pure Elly, la grande traditrice dell'emancipazione femminile dem. Che incassa, saluta e se ne va.
Scoperchiato il vaso di Pandora, le valchirie sono partite all'assalto. In prima linea non poteva che esserci Laura Boldrini. «Non tutte le donne sono uguali. Alcune sono peggio di altre», sentenziava un tempo gettando fiele contro la Meloni. E, forse, adesso finirà per pensare che alcune di queste bazzicano pure il Nazareno. «Lei è una segretaria femminista», confida esterrefatta al Corsera. «Candidandosi capolista nelle cinque circoscrizioni finirebbe per penalizzare le donne del partito». L'incubo le si materializza davanti agli occhi. E le fa tanto più paura perché reale: non basta svegliarsi per cacciarlo via. E non andrà via nemmeno se poi, alla fine, Elly farà un passo indietro. Il danno ormai è fatto.
Al fianco della Boldrini ci sono anche le altre amazzoni rosse: Alessandra Moretti che sventola ai quattro venti «un programma femminista» scritto con l'inchiostro simpatico; Paola De Micheli che ricorda alla segretaria che «si deve affermare il partito, non lei»; Sandra Zampa che vuole che siano valorizzate «le parlamentari uscenti». Tutte a pretendere un posto blindato in quanto donne. Nessuna che si batta per ottenerlo col merito.
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