Conte all'angolo vuole aprire. Ma gli scienziati lo frenano

Il premier pensa di modificare il calendario stabilito Il comitato tecnico scientifico: "Per i locali via a giugno"

Conte all'angolo vuole aprire. Ma gli scienziati lo frenano

È sempre più stretto tra l'incudine e il martello, il premier Conte. Schiacciato tra le pressioni di chi non è ancora ripartito, come il comparto del commercio, e gli scienziati che dettano la linea delle riaperture e in quanto a concessioni non vogliono mollare di un centimetro rispetto a quelle già decise.

La fase due è cominciata, sì, ma per pochi. Sono tante le attività ancora ferme. Negozi, ristoranti, bar, parrucchieri, centri estetici, palestre e piscine devono aspettare le tempistiche indicate dal governo nel Dcpm del 26 aprile, date stabilite su indicazione degli esperti del comitato tecnico scientifico e della task-force di Vittorio Colao. Le decisioni sono guidate dalla prudenza ma non tengono conto della profonda crisi determinata da oltre due mesi di lockdown. I fatturati di imprese ed esercizi commerciali sono crollati, mentre bollette, affitti e leasing vanno comunque pagati. Quasi tutte le attività sono in ginocchio e gli aiuti promessi dal governo non bastano. Ci sono esercizi commerciali che non saranno in grado di riaprire, ma gli altri vogliono riprendere il lavoro al più presto, in sicurezza, senza perdere altro tempo. E stanno mettendo sotto pressione il governo per spingerlo ad allentare la morsa sulle attività produttive. Un pressing decisivo, che ha fatto breccia nel presidente del Consiglio, disposto ad anticipare qualche data e a valutare aperture ulteriori rispetto a quelle già previste, che vogliono le saracinesche dei negozi su il 18 maggio e i ristoranti, i bar, i parrucchieri e gli estetisti al via solo il 1 giugno. Ma se il malcontento delle categorie ha portato Conte a pensare di poter riaprire alcune attività prima del tempo, già i primi giorni di maggio, a patto che vengano rispettati precisi protocolli di sicurezza e che si continui con il senso di responsabilità mostrato finora, il comitato tecnico scientifico che studia l'andamento dell'epidemia e decide in base all'indice di contagio R0 e alle regole di monitoraggio del ministero della Salute, non ne vuole sapere di anticipare i tempi. Bar e ristoranti, per gli scienziati, possono riaprire il primo giugno. Fino a quel giorno si devono accontentare del servizio di asporto, che però a molti non conviene perché i guadagni non coprono i costi e che certo non contribuisce a risollevare le sorti di settori devastati dall'emergenza. Comunque, anche quando ripartiranno, i ristoranti saranno tra i più penalizzati perché costretti a riaprire con la metà dei coperti e con misure di sicurezza che rischiano di scoraggiare i clienti. Le regole a cui si dovranno attenere sono rigide e gli esperti sono contrari ad anticipare i tempi per dare il tempo ai gestori di adeguarsi. Anche se alla fine sarà il governo a decidere, mediando tra la prudenza e l'esigenza di salvare i posti di lavoro.

A breve il comitato tecnico scientifico fornirà le prescrizioni per gli stabilimenti balneari e per gli alberghi, oltre che per palestre, piscine e centri estivi. Gli epidemiologici sono molto cauti. Del resto solo pochi giorni fa uno studio del prestigioso Imperial College ha previsto uno scenario apocalittico in Italia, con una seconda ondata peggiore della prima, nel caso in cui si tornasse ad un 20 per cento di mobilità in più senza le dovute precauzioni.

Il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, davanti alla commissione Affari Costituzionali della Camera, ha detto di essere pronto ad inasprire le misure di contenimento nel caso in cui il virus riprenda a circolare.

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