Ce la dovremmo fare già domani», aveva assicurato mercoledì sera il premier Conte, annunciando il decreto Ristori bis che dovrebbe aiutare i settori più colpiti dai nuovi lockdown.
Ieri mattina però è stato chiaro che farcela in giornata sarebbe stato impossibile, e il Consiglio dei ministri è stato rinviato a stamani. O «più probabimente», dicono dal Mef, nel tardo pomeriggio. Accanto all'estensione dei contributi a fondo perduto (che «arriveranno direttamente sui conti correnti», giura la viceministra grillina Castelli), o al rifinanziamento dei congedi parentali e dei bonus asilo, si lavora alla proroga della pace fiscale e alla sospensione dei versamenti Iva e Irpef. Non è ancora chiaro se le misure saranno differenziate per zone, a seconda del livello di rischio, e resta il nodo delle risorse da destinare, e come reperirle se si andrà oltre il margine di circa 2 miliardi attualmente disponibile. Un ulteriore scostamento di bilancio, pure ipotizzato da Conte, vede la resistenza di Italia viva (contraria ad aumentare ulteriormente il deficit mentre M5s lo sollecita).
La questione è finita ieri sera sul tavolo del primo «vertice» ufficiale dei leader politici di maggioranza, convocato a Palazzo Chigi. Presenti Nicola Zingaretti per il Pd, Matteo Renzi per Iv, Roberto Speranza per Leu e il facente funzioni (di cosa non è chiaro) Vito Crimi per i Cinque Stelle. Un meeting piuttosto surreale, visto che a detta degli stessi partecipanti - che pure da settimane sollecitano Conte perché riunisca la maggioranza per una revisione del programma e anche della squadra di governo - «stasera non succederà assolutamente nulla». Tutte le questioni controverse sono infatti vietate: i grillini hanno chiesto che non vengano neppure sfiorati i temi programmatici: «Fino alla conclusione degli Stati Generali M5s (in corso con misteriose procedure da settimane e fino a metà mese, ndr) non possiamo entrare nel merito di nulla». Lo sono anche andati a ripetere a Conte - per sicurezza in coppia - Crimi e Bonafede alla vigilia del vertice: «Qualunque discussione su dossier delicati, come il Mes o la collaborazione con le opposizioni, crea contraccolpi ingovernabili al nostro interno», hanno avvertito. Musica per le orecchie del premier, che di rogne certo non ne vuole. «Non è il momento di dividersi, ora», dice anche Renzi, «c'è un tempo per parlare e un tempo per tacere». Più avanti, però, i nodi dovranno venire al pettine, è il messaggio. «Dobbiamo capire se condividiamo la strategia questo governo è nato per evitare i pieni poteri di Salvini, ma non si può stare insieme contro qualcuno».
Quanto alla squadra, è stato lo stesso Conte a sbarrare la strada esplicitamente a ogni ipotesi di rimpasto: «Data la criticità del momento non è certo un tema che interessi i cittadini», ha messo le mani avanti.
Del resto non è un caso che, dopo aver traccheggiato per molte settimane, il premier si sia deciso a convocare il vertice proprio in concomitanza con l'esplosione della seconda ondata del Covid, consapevole che l'emergenza drammatica costituisce per lui il miglior usbergo contro le insidiose richieste di verifica dei suoi alleati. Tanto che Zingaretti, consapevole della scarsa utilità dell'appuntamento, ha chiesto di non tirarla in lungo: «Chiudiamolo alle 21, così diamo il buon esempio ai cittadini costretti al coprifuoco».
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