La lettera di dimissioni l'aveva preparata già da qualche giorno. Era chiusa nel cassetto della sua scrivania nella speranza di poterla presto distruggere e chiudere definitivamente quell'incubo che lo perseguitava ormai da troppo tempo. Ieri, però, dopo la sentenza di condanna, il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, ha annunciato l'intenzione di volersi dimettere. E così quella lettera l'ha dovuta tirar nuovamente fuori per portarla nei prossimi giorni personalmente a Papa Francesco che deciderà che cosa fare. Accettare le dimissioni o ignorarle? Sulla scelta non dovrebbero esserci dubbi: il porporato 68enne è stato, infatti, condannato dalla giustizia francese a sei mesi di reclusione con la condizionale per non aver denunciato gli abusi sessuali su minori compiuti da padre Bernard Preynat negli anni '80 e '90 durante alcuni campi scout. Il cardinale è colpevole quindi di aver coperto un prete pedofilo.
«Non ho mai nascosto nulla, tantomeno questi fatti orribili», si è difeso il porporato francese parlando ai giudici e dichiarando di aver saputo degli abusi di Preynat, oggi allontanato da ogni incarico, soltanto nel 2014, dopo aver ricevuto le confidenze di una vittima quindicenne. Versione respinta ovviamente dall'avvocato di parte civile secondo cui il cardinale era a conoscenza dei fatti almeno dal 2010, anno in cui il porporato avrebbe avuto una conversazione con padre Preynat proprio sull'argomento. Sempre secondo l'accusa, Barbarin avrebbe ricevuto nel 2015 precise istruzioni dalla Congregazione per la Dottrina della Fede attraverso una lettera nella quale si consigliava all'arcivescovo di Lione di prendere le dovute misure disciplinari nei confronti del sacerdote accusato di pedofilia ma di «evitare lo scandalo pubblico».
Alla fine però lo scandalo è comunque deflagrato a livello mondiale, con le proteste di varie associazioni di vittime di abusi e addirittura un film, Grâce à Dieu, uscito lo scorso febbraio al cinema e presentato al festival di Berlino. Così, il porporato, ieri mattina in conferenza stampa, ha dovuto annunciare l'intenzione di dimettersi, manifestando vicinanza alle vittime di abusi. «Ricorreremo in appello», ha affermato l'avvocato di Barbarin, che dal canto suo si è rivolto ai cronisti affermando: «Ho deciso di andare dal Santo Padre per presentargli le dimissioni, mi riceverà tra qualche giorno. Indipendentemente dalla mia sorte personale, ci tengo a ribadire la mia compassione per tutte le vittime».
Un copione simile a quello che, negli ultimi mesi, ha coinvolto altri due cardinali, accusati, però, di esser stati carnefici: da un lato il cardinale George Pell, in carcere in Australia in attesa della sentenza il prossimo 13 marzo per abusi su minori mentre era vescovo ausiliare a Melbourne, e dall'altro l'ormai ex cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington che Papa Francesco ha prima cacciato dal collegio cardinalizio e poi lo ha ridotto allo stato laicale dopo un processo canonico svoltosi in Vaticano.
«Se nella Chiesa si rilevasse anche un solo caso di abuso, che rappresenta già di per sé una mostruosità, tale caso sarà affrontato con la massima serietà», aveva detto alcuni giorni fa il Pontefice che a fine febbraio aveva convocato a Roma vescovi e cardinali da tutto il mondo per un summit sulla tutela dei minori. Un evento durante il quale Francesco ha tuonato ancora una volta invocando «tolleranza zero», rassicurando che non ci saranno più sconti per nessuno. Nemmeno per quei cardinali giudicati colpevoli.
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