Coronavirus, Gori attacca la Regione Lombardia: "Non è all’altezza"

Volano stracci nel bel mezzo della tempesta. Gori attacca il governatore, Attilio Fontana, e la sanità lombarda. Dura la replica della Lega: "Si vergogni"

Coronavirus, Gori attacca la Regione Lombardia: "Non è all’altezza"

Siamo nel mezzo di una tempesta. E, intanto, in Lombardia volano stracci. La politica nel bel mezzo dell’emergenza si divide. Si alzano le barricate e i partiti si mettono a litigare. Cosa che sanno fare molto bene anche in tempi di calma piatta. Nel momento peggiore che la città di Bergamo ricordi, tra i mezzi dell’esercito che portano via le bare con i morti del coronavirus e le strade spettrali, il sindaco Giorgio Gori rompe il silenzio e attacca la regione: "Non è all’altezza di quella veneta o dell’Emilia Romagna".

Parole dure da parte del primo cittadino che, tuttavia, invita a tenere stretti i bulloni perché per la sanità lombarda è una prova inimmaginabile. "I limiti maggiori emergono nella sanità di territorio, che in Lombardia - nonostante gli sforzi che tutti stiamo facendo - non è solida". Una constatazione amara. La rete dei medici di medicina generale, primo baluardo contro il contagio, è falcidiata dalla malattia: 140 casi su 800.

A questo si è posto rimedio con l’impiego delle guardie mediche, dei giovani neolaureati, dei medici volontari. E ora si punta sul nuovo ospedale da campo in Fiera che secondo Gori sarà pronto entro venerdì e in cui lavoreranno tra gli altri, i medici di Emergency e forse un gruppo di dottori russi. Poteva andare anche peggio, dunque, se non si fosse corso ai ripari.

Immediata e altrettanto dura la reazione della Lega che difende il governatore, Attilio Fontana, e l’assessore alla Sanità, Giulio Gallera. "Anziché ascoltare e raccogliere il grido di dolore dei medici bergamaschi e di tutta la Lombardia, concreto esempio di coraggio e dedizione nella lotta al coronavirus, Gori preferisce accusare e offendere indiscriminatamente la nostra sanità", fa sapere il senatore ed ex ministro, Gian Marco Centinaio. "Lui che non ne ha azzeccata una dall’inizio dell’emergenza, proponendo biglietti dei bus pubblici scontati per fare shopping o la riapertura dei musei cittadini, stia accanto alla comunità medica lombarda, ascolti, proponga, disponga".

Dello stesso tenore la presa di posizione del capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo: "Gori si vergogni e sappia che i nostri medici, gli infermieri sono il cuore della nostra comunità ferita. Chi li offende, offende donne e uomini di questa straordinaria terra, che invece merita vicinanza e ascolto". I parlamentari della Lega, Simona Pergreffi, e, Daniele Belotti, si soffermano anche sulla tempistica delle dichiarazioni di Gori, ricordando come il sindaco di Bergamo avesse invitato, già dopo le prime misure restrittive della Lombardia, a uscire di casa.

Il 27 febbraio, tre giorni dopo il primo decreto della regione con le limitazioni a bar, musei, Gori, Beppe Sala e tutto il Pd, invitava tutti ad uscire, ad andare al ristorante e nei musei, offrendo pure il biglietto dell’autobus. Il 5 marzo, con il contagio crescente, Gori insisteva sui musei aperti, frenando così la percezione della gravità della situazione. Il 9 marzo il dietrofront di Gori che gridava "State a casa, fermiamo tutto". E il giorno dopo altro messaggio devastante di Gori, "i pazienti sono lasciati morire".

Una dichiarazione che ha creato allarme e tensione nei confronti delle strutture ospedaliere. Il partito democratico, intanto, fa muro attorno al suo sindaco.

Prima con il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, che vuole più rispetto per chi da settimane gira la città per dare sostegno alla sua comunità, che si preoccupa di raggiungere i più deboli e poi esprime preoccupazione per migliorare la sanità territoriale dove il virus ha fatto più vittime. Poi con il vicesegretario, Andrea Orlando: "Dal numero e dal tenore delle reazioni leghiste viene da pensare che Gori abbia colto nel segno".

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