Con un mese di anticipo sulla tabella di marcia partono i primi test sull'uomo per il vaccino Covid-19 negli Usa. I 45 volontari sono stati già selezionati. Sono sani e pronti a fare da cavia per il bene dell'umanità presso il Kaiser Permanente Washington Health Research Institute di Seattle. Ai candidati saranno somministrate varie dosi sviluppate grazie a Moderna, la start up biotech del Massachusetts, che è riuscita a consegnare un lotto clinico in solo 42 giorni dall'identificazione della sequenza.
Il vaccino, il cui nome è «mRna-1273» si basa su una forma stabilizzata della proteina di punta, detta Spike Protein, del coronavirus. La proteina «spike» è necessaria per l'infezione ed è stata già alla base dei vaccini contro gli altri Coronavirus responsabili della Mers e della Sars.
Come tutti i vaccini, anche l'mRna è da testare gradualmente perché va innanzitutto verificato che non provochi effetti collaterali di rilievo e poi se inducono una risposta immunitaria in grado di proteggere dall'infezione.
Non è un azzardo. Ci si muove seguendo un protocollo preciso, che rispetta la necessità di trovare una soluzione contro il virus senza mettere a rischio i pazienti. Due condizioni indispensabili per continuare la sperimentazione i cui risultati iniziali potrebbero essere disponibili a luglio o agosto. E poi serve altro tempo. Lo aveva spiegato il direttore del Niaid, l'immunologo Antony Fauci. «Lo sviluppo di vaccini sperimentali e i test clinici per stabilire la loro sicurezza ed efficacia richiedono tempo. Un vaccino contro il nuovo coronavirus probabilmente - avverte Fauci - non sarà ampiamente disponibile per più di un anno». Ma nonostante le dovute precauzioni si può comunque parlare di un record. Sono stati impiegati solo pochi mesi per lo sviluppo e l'applicazione di un nuovo vaccino che nel caso della Sars aveva richiesto ben 20 mesi. E se negli Usa stanno procedendo in gran velocità, i team di ricerca di tutto il mondo continuano a lavorare.
L'Australia ha già iniziato la fase di sperimentazione animale. E Xu Nanping, viceministro della scienza e della tecnologia cinese ha annunciato invece i primi test clinici «verso la fine di aprile».
In Israele invece vorrebbero, per accorciare i tempi, creare una versione umana del virus della bronchite infettiva, un ceppo di coronavirus che colpisce il pollame perché ha «un'elevata somiglianza genetica con il Covid-19 umano e che utilizza lo stesso meccanismo di infezione». Dall'anno prossimo, dunque, il vaccino sarà una realtà con cui tutti dovremo confrontarci.
Adulti ma anche bambini? Questa è una domanda a cui nessuno ancora sa rispondere. Certo è che il Covid non li attacca o sviluppano forme lievi della malattia. Sono dunque meno colpiti dal contagio. Alcuni sostengono che sia per le difese immunitarie che hanno innalzato con le diverse vaccinazioni. Altri sottolineano complicati aspetti a sfondo genetico. Difficile capire le ragioni dell'eccezione Covid-19, ma i segnali ci sono: un nuovo studio che ha esaminato i malati di virus in Cina ha rilevato solo nove casi ospedalizzati di neonati di età inferiore a un anno, su oltre 65mila persone segnalate infette nella Cina continentale.
Nessuno di quei nove casi ha sviluppato gravi complicanze, riportando solo febbri lievi o sintomi respiratori. Non ci sono comunque certezze. Ieri l'Oms ha ribadito, con edros Adhanom Ghebreyesus, che «La malattia uccide anche giovani e bambini. Servono più test, solo isolando contagiati si può vincere la battaglia».
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